Rapporto madre bambino e i suoi primi passi nel mondo

Rapporto madre bambino e i suoi primi passi nel mondo

rapporto madre bambino

Rapporto madre bambino e i suoi primi passi nel mondo

Come descritto nel precedente articolo, il rapporto madre-bambino getta le basi per quelle che saranno le modalità tipiche del piccolo di relazionarsi e comunicare col mondo esterno.  Più precisamente, dall’incontro madre-bambino, si formano quelli che Bowlby definì, MOI (Modelli Operativi Interni) che possono essere considerati come dei filtri interpretativi di sé e del mondo, per la maggior parte inconsci, tramite i quali le relazioni sociali e altre esperienze vengono interpretate. Questi gettano le basi per fissare delle regole decisionali implicite per entrare in relazione con gli altri e, nel bene e nel male, contribuiscono a confermare e a mantenere costanti le aspettative che l’individuo ha di sé e degli altri.

Relazione madre-bambino e attaccamento

In tal modo se si è instaurato un rapporto madre bambino equilibrato e il piccolo ha fatto esperienze precoci con una figura di accudimento sicura, pronta ad offrire conforto, darà vita ad un modello di sé come persona degna di essere amata e incoraggiata; di conseguenza avrà meno bisogno di controllare costantemente la disponibilità del suo caregiver e vivrà con un maggior senso di libertà e serenità l’esplorazione del mondo che lo circonda, a differenza invece di un bambino che nella fase di formazione del legame di attaccamento ha sperimentato rifiuto o incertezza da parte della madre (Bowlby, 2003).

L’importanza del rapporto madre-bambino

Il caregiver, il rapporto madre bambino, in definitiva assume un ruolo importante nell’influenzare la natura dei primissimi modelli operativi del piccolo. Tramite l’interpretazione di tutti quegli eventi significativi per il bambino, la madre può esercitare un’influenza sul modo in cui il piccolo interiorizza le esperienze vissute, sulle modalità di attribuzione di significato, sui primi costrutti emotivi, morali e della propria immagine. Va da sé quanto fondamentali siano le interazioni verbali bambino-caregiver, all’interno del rapporto madre bambino, in quanto, mentre il piccolo sta sviluppando in modo del tutto graduale le abilità concettuali, fondamentali per rappresentare in modi sofisticati le proprie esperienze, è probabile che faccia propri i punti di vista e le interpretazioni che gli sono state veicolate col dialogo dalla principale figura di accudimento.

MOI e influenza sul bambino

Queste ultime, dunque, influenzano i moi su un doppio versante: «le rappresentazioni delle esperienze relazionali sicure o insicure vengono generate e conservate nel bambino sia tramite la qualità delle cure a lui fornite sia tramite l’interpretazione degli eventi che il caregiver offre nell’ambito delle conversazioni col bambino.» (Thompson, 2002: p. 301).

La natura del rapporto madre-bambino

Occorre comunque precisare che la natura del rapporto madre bambino può essere usato come fonte di consolazione di fronte agli attacchi del mondo, differiscono molto nelle varie diadi madre-bambino; lo sviluppo di una relazione di attaccamento può essere definito fenomeno soggetto a norme. Queste variazioni di norme fanno riferimento alle differenze individuali nella qualità delle relazioni di attaccamento. Le differenze individuali non sono comunque insite esclusivamente nelle caratteristiche del bambino o della figura di accudimento ma si espliciteranno a partire dall’incontro dei bisogni dei due soggetti coinvolti nella diade. Come già accennato in precedenza, una madre responsiva e sensibile ai segnali del proprio bambino diventa fonte di rifugio per esplorare l’ambiente, così nel momento in cui il bambino si sente impaurito tornerà dal caregiver per ricevere protezione e conforto.

Rapporto madre bambino: un esperimento: la Strange Situation

Bowlby e Ainsworth hanno studiato il delicato ed importante equilibrio, durante l’infanzia, tra esplorazione e ricerca di vicinanza alla figura di accudimento quando l’esplorazione comporta un pericolo (Fonzi, 2001).

Dalle loro ricerche è emerso che, i bambini posti di fronte ad un presunto pericolo reagiscono mettendo in atto quelli che vengono definiti “comportamenti di attaccamento” (piangere, avvicinarsi alla madre, cercare di mantenere il contatto). Tutti i bambini mettono in atto comportamenti di attaccamento ed il numero di tali comportamenti può variare a seconda del pericolo Un esperimento che esemplifica e fornisce preziose informazioni riguardo al rapporto bambino-caregiver è la Strange Situation, così denominato perché si ritiene che sia un’esperienza moderatamente stressante per il bambino (Cassidy, Shaker, 2002).

La strange situation: l’esperimento

Essa si basa su otto episodi, ciascuno della durata di tre minuti, durante i quali il piccolo viene sottoposto a stress, all’interno di una situazione che costituisce per lui un accumulo graduale di tensione. Nel primo episodio il bambino viene fatto accomodare in una stanza laboratorio piena di giocattoli in compagnia della propria madre; nel secondo il piccolo esplora l’ambiente in presenza della madre; nel terzo entra un estraneo, il quale, dapprima sta in silenzio e in seguito parla con la madre; nel quarto la madre va via dalla stanza e il bambino resta con l’estraneo; nel quinto la madre torna e l’estraneo va via evitando di far rumore; nel sesto la madre lascia il bambino totalmente solo; nel settimo entra nuovamente l’estraneo e se necessario consola il bambino; nell’ottavo la madre rientra.

Strange situation: i criteri per analizzare il comportamento

Comportamento esplorativo, reazioni emotive del bambino in presenza e in assenza della madre e risposte alla riunione con essa dopo la separazione, furono i criteri utilizzati per potere individuare i vari tipi di attaccamento (Fonzi, 2001). In particolare emersero quattro tipologie:

1) SICURO: in presenza ed in assenza della figura materna il bambino esplora l’ambiente in modo attivo; nonostante possa talvolta mostrare segni di sconforto in assenza del caregiver si comporta in modo amichevole nei confronti dell’estraneo e al ritorno della madre la saluta, si lascia prendere in braccio e riprende a giocare. Alla base di questo comportamento corrisponde in modo speculare una madre sensibile alle richieste del bambino e supportiva nei momenti di stress.

2) EVITANTE: in presenza e in assenza della madre il bambino sembra preso dai giochi e mostra indifferenza a separazione e solitudine; alla riunione con essa si allontana attivamente da lei. Di contro la madre mostra un rifiuto del contatto fisico anche nelle situazioni di stress.

Ambivalente e disorientato

3) AMBIVALENTE O RESISTENTE: il bambino è incapace di usare il caregiver come base sicura; in presenza della madre si mantiene stretto ad essa; in sua assenza mostra segni di sconforto e non esplora l’ambiente; gioca da solo ma per poco tempo; al ritorno della madre si avvicina per farsi consolare ma la rifiuta quando essa tenta di prenderlo in braccio; esprime rabbia e non si calma anche quando la madre tenta di consolarlo. Le madri di questa tipologia di bambini appaiono imprevedibili, incoerenti alle esigenze del piccolo; sono intrusive e spesso ostacolano l’esplorazione dell’ambiente.

4) DISORIENTATO-DISORGANIZZATO: il bambino presenta comportamenti che indicano un’incapacità a mantenere strategie di attaccamento coerenti di fronte alla sofferenza; mostra con il proprio caregiver comportamenti conflittuali e contraddittori in maniera simultanea. Al fianco di questa tipologia di bambini sono presenti madri che manifestano comportamenti incongrui in tutti i suoi aspetti (Cassidy, Shaker, 2002).

Conclusioni

Ancora una volta appare evidente quanto sia fondamentale che tra madre e figlio sia presente un’attenzione ed un rapporto di reciproca mutualità. In particolare, se la figura materna sarà capace di riflettere su se stessa ma anche sull’esperienza interna del proprio figlio, mentalizzerà l’immagine di un bambino in grado, in futuro, di poter produrre comportamenti intenzionali, di saper regolare tutta la gamma degli affetti e , come in un gioco di specchi riflettenti, restituirà, entrando nella mente del bambino, tale immagine. L’esperienza da parte del piccolo di sé come persona reale affonda dunque le sue radici nel rapporto madre-bambino. percepito.

Bibliogafia

  • Bowlby, J., Una base sicura: applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2003.
  • Cassidy, J., Shaker, P., R., Manuale dell’attaccamento: teoria, ricerca e applicazioni cliniche, Giovanni Fioriti Editore, 2002.
  • Fonzi, A., ( a cura di), Manuale di psicologia dello sviluppo: storia, teoria e metodi. Lo sviluppo cognitivo, affettivo e sociale nel ciclo di vita, Giunti Editore, Firenze, 2001.
  • Thompson, R., A., « Attaccamento infantile e sviluppo successivo», in Cassidy, J., Shaker, P., R., (a cura di), Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerca e applicazioni cliniche, Fioriti, Roma, 2002.

Simona Lauri

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    Simona Lauri
    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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