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Craving relazionale: riconoscere la dipendenza affettiva sotto mentite spoglie
Introduzione: L’inganno del bisogno
Esiste una forma di fame invisibile, un appetito emotivo che si manifesta non nello stomaco, ma nell’anima. Il craving relazionale è uno di questi fenomeni psicologicamente mimetici, una sorta di dipendenza affettiva mascherata, difficile da identificare ma pervasiva nel suo effetto.
A differenza delle relazioni disfunzionali esplicite, qui l’incastro è sottile, sofisticato, quasi esteticamente accettabile.
Ci si muove tra il desiderio di connessione e l’ossessione per la presenza dell’altro, senza percepire il passaggio dal sano attaccamento alla
fame compulsiva di legame.
Il concetto di “craving relazionale”
Il termine craving, mutuato dalla letteratura sulle dipendenze (Marlatt & Gordon, 1985), indica un desiderio urgente, irrefrenabile.
Nella sua declinazione affettiva assume connotati peculiari: bisogno costante di conferma, paura dell’abbandono, perdita del sé nel tentativo di fondersi con l’altro.
L’individuo affettivamente dipendente non ricerca l’amore, bensì una regolazione esterna del proprio vuoto interno.
Legami con il DOC da relazione e le abbuffate emotive
Il craving relazionale condivide pattern psicopatologici con il DOC da relazione (Doron et al., 2012), caratterizzato da pensieri ossessivi sull’adeguatezza del partner. Similmente, nelle abbuffate emotive, il soggetto tenta di colmare un vuoto interiore con un oggetto esterno, che sia il cibo o una persona significativa.
Maschere del craving: relazioni “romantiche” che non lo sono
Molto spesso, il craving si traveste da passione. L’intensità viene scambiata per profondità, la gelosia per amore, l’ansia da separazione per coinvolgimento. La relazione si regge su rituali ripetitivi: messaggi compulsivi, continue richieste di attenzione, autosvalutazione in assenza di feedback. L’altro diventa un oggetto transizionale (Winnicott, 1953), più che un essere umano.
L’origine psicodinamica del vuoto
Alla base del craving troviamo spesso una ferita di attaccamento. Esperienze precoci di rifiuto o abbandono generano attaccamento insicuro (Bowlby, 1988), che in età adulta si manifesta come dipendenza affettiva. Si tratta di una forma di regolazione eterodiretta: si esiste solo nella presenza o approvazione dell’altro.
Indicatori del craving relazionale
- Paura irrazionale della solitudine
- Fusione identitaria con il partner
- Dipendenza da contatti e feedback
- Svuotamento emotivo in assenza dell’altro
- Controllo mascherato da preoccupazione
Strategie terapeutiche: approccio integrato
Terapia breve strategica
Il protocollo prevede l’interruzione del rituale disfunzionale. Un esempio: posticipare volontariamente l’invio di messaggi per gestire l’impulso e invertire il senso di controllo.
Terapia cognitivo-comportamentale (CBT)
Si lavora su distorsioni cognitive (es. lettura del pensiero, catastrofizzazione) e si promuove la ristrutturazione cognitiva e l’autonomia emotiva. Tecniche come il monitoraggio del pensiero aiutano a disinnescare il bisogno compulsivo.
Ricostruire: verso la libertà affettiva
Superare il craving relazionale non significa evitare l’amore, ma tornare a viverlo come scelta consapevole.
- Autodefinizione: chi sono, al di là del legame?
- Regolazione autonoma: come posso calmarmi senza l’altro?
- Rinarrazione: riscrivere il copione del bisogno affettivo.
Conclusione
Il craving relazionale è una fame d’amore che si traveste da passione. Riconoscerla è il primo passo per smettere di divorare e cominciare a scegliere. Amare senza perdersi significa essere prima interi.
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