Il disturbo di personalità dipendente: come riconoscerlo e come intervenire
La dipendenza può essere definita come un bisogno eccessivo di fare affidamento sugli altri per supporto, guida, nutrimento e protezione (Bornstein, 2012b).
Con questa frase vogliamo introdurre uno specifico disturbo di personalità, ovvero quello dipendente.
Come vedremo qui di seguito tale disturbo presenta determinate caratteristiche, cause, sintomi e specifici trattamenti per poterne uscire.
Il disturbo Dipendente di personalità
La prima domanda che ci faremo è “ cos’è il disturbo dipendente di personalità”?
Il disturbo dipendente di personalità (DDP) è un disturbo di personalità che si caratterizza per la necessità di avere rapporti personali in grado di dare al soggetto affetto la sensazione di non essere solo.
Questo perchè tale disturbo porta chi ne è affetto a credere di non poter vivere senza gli altri e di non essere capace ad affrontare la vita contando solo su se stessi.
Parliamo di un disturbo che fa sentire smarriti e che porta ad avere un costante bisogno di rassicurazioni e conferme altrui.
Per questo l’assenza di una relazione che sia significativa può portare il soggetto dipendente a provare sentimenti di vuoto.
Ma chi colpisce tale disturbo?
Questo disturbo colpisce maggiormente il sesso femminile e persone aventi un’età media superiore ai 40 anni.
Come si manifesta tale disturbo?
Torniamo alle caratteristiche di questo disturbo: chi ne è affetto si sente sbagliato, inadeguato, insicuro e dunque ha una bassa autostima e una bassa considerazione delle proprie capacità.
I soggetti con tale disturbo inoltre temono costantemente di essere abbandonati, per questo vivono nel terrore e di conseguenza assumono comportamenti messi in atto proprio per evitare l’abbandono.
Gli individui con disturbo dipendente di personalità hanno significativi livelli di ansia, innescati dal prendere decisioni quotidiane, iniziare o completare compiti, e dal percepire un rifiuto da parte degli altri (APA, 2013)
Solitamente queste persone sono molto attente a far star bene gli altri, a compiacere gli altri e i loro desideri.
Cosi facendo credono di assicurarsi la loro vicinanza e evitare qualsiasi probabile allontanamento, ma ovviamente questo non funziona.
Pur avendo dei desideri propri, questi soggetti non riescono a riconoscerli e presentano difficoltà nel mettere in pratica azioni finalizzati al raggiungimento di tali desideri, soprattutto se non c’è qualcuno che li supporta.
Quanto detto fa capire come le relazioni in questo disturbo assumino un’importanza grande, poiché fungono da guida per le proprie scelte personali.
Come riconoscere questo disturbo?
Veniamo al punto cruciale della questione: come fare per capire se si soffre di questo disturbo?
Vediamo qui di seguito quali sono i sintomi e quindi i segnali che possono farci capire di essere affetti da un disturbo di personalità dipendente.
- difficoltà a prendere le decisioni quotidiane senza avere dei consigli e delle rassicurazioni altrui
- costante bisogno che gli altri si assumino la responsabilità circa la gestione di alcuni aspetti della propria vita;
- difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per paura di perderne l’approvazione
- difficoltà ad iniziare progetti
- bisogno di un’altra relazione come fonte di accudimento e di supporto, quando finisce una relazione importante;
- tendenza a sforzarsi per ottenere il sostegno degli altri
- Sentimenti di disagio quando sono soli perché temono di non potersi prendere cura di se stessi
- Paura di essere lasciati a prendersi cura di sé
Per una diagnosi di disturbo dipendente di personalità, i pazienti devono avere dunque un eccessivo bisogno di aggrapparsi all’altro e tale bisogno è evidenziato dalla presenza di ≥ 5 dei sintomi visti poc’anzi.
Cause: cosa c’è alla base?
Arrivati a questo punto sicuramente vi starete ponendo un’altra domanda: perché’?
Perché una persona può arrivare a credere questo? Perché una persona arriva a sentirsi così inadeguata?
A queste domande possiamo rispondere facendo riferimento all’influenza di vari fattori, tra cui quelli biologici, ma non solo.
Da alcuni studi si è infatti evinto che comportamenti come questi di dipendenza sono associati ad uno stile genitoriale che ha portato il bambino nell’età adulta a sentirsi poco efficace.
Chi ha sperimentato, per esempio, la presenza di genitori poco presenti e poco efficienti nei rispondere ai propri bisogni nel tempo può ritrovarsi in dinamiche di dipendenza e provare la paura dell’abbandono.
Chi ha avuto genitori iperprotettivi che si sostituivano a loro nella presa di varie decisioni, può maturare l’idea di non poter muovere un dito senza l’aiuto altrui e dunque di non esserne capace.
Per questo il bambino, da piccolo, tenderà a mettere in atto strategie per poter assicurarsi la vicinanza delle proprie figure di riferimento e da adulto riproporrà tali schemi di comportamento nelle altre relazioni.
Da altri studi si è evinto che sicuramente tali dinamiche prendono vita nelle relazioni genitoriali ma che nel tempo devono essere rinforzate dalle altre successive relazioni che intratteniamo con gli altri.
Conseguenze: cosa porta tutto questo?
Tutto questo non può che avere delle conseguenze sulla propria vita lavorativa, personale e relazionale.
Proprio perché queste persone hanno un costante bisogno di conferme e la paura di essere lasciati, possono arrivare a mettere in atto comportamenti che possono davvero allontanare gli altri più che avvicinarli.
A livello lavorativo, avendo difficoltà a prendere decisioni in modo autonomo, tali soggetti possono avere seri problemi e rischiare anche di perdere il posto di lavoro.
A volte per assicurarsi il lavoro, arrivano ad assecondare richieste assurde del datore, per poi sentirsi sfruttati e non considerati.
Per quanto riguarda le relazioni sono difficoltose: chi ha tale disturbo non riesce ad avere una relazione amorosa sana, poiché tende a investire troppe energie su questa trascurando tutto il resto.
In una storia d’amore il soggetto dipendente mette al centro prima l’altro e i suoi desideri, ma alla fine non può che sentirsi frustrato, poiché il partner generalmente non dà le stesse attenzioni.
Questo perché generalmente chi ha tale disturbo sceglie partner narcisisti, dominanti.
Non è infatti un caso che persone dipendenti scelgano partner forti e che assumono atteggiamenti di potere.
In un certo senso, a qualche livello, una relazione di questo tipo conferma alla persona dipendente di aver bisogno dell’altro per esistere e di dover fare di tutto per assicurarsi la sua vicinanza.
Dall’altra parte per i narcisisti queste personalità sono perfette per poter soddisfare i loro bisogni e nutrire il loro ego.
Insomma quando si dice un incastro perfetto che a livello emotivo è funzionale per entrambi le parti, ma che a lungo andare ovviamente non funziona.
. A livello personale, allo stesso modo, vi sono delle ripercussioni: poiché la depressione è uno dei problemi presente in chi soffre di tale disturbo, può manifestarsi una mancanza d’iniziativa e dunque una difficoltà nel fare progetti, perseguire scopi e obbiettivi e difficoltà di problem solving, ovvero nel risolvere i propri problemi.
Questi soggetti possono anche avere dei veri e propri attacchi di panico quando avvertono il peso di nuove responsabilità che credono di non poter prendersi.
Diagnosi differenziale: per evitare confusioni….
Questo disturbo non va confuso con altri disturbi, per esempio con quello borderline di personalità.
Nonostante entrambi condividono il timore dell’abbandono, chi è affetto dal secondo reagisce ad esso con sentimenti di vuoto e rabbia, invece il dipendente reagisce continuando a sottomettersi.
Inoltre andrebbe anche distinto dal Disturbo Istrionico di Personalità, che come quello Dipendente di Personalità si caratterizza per un forte bisogno di rassicurazione e approvazione, ma a differenza del Disturbo Dipendente di Personalità, il Disturbo Istrionico è caratterizzato da una grande socievolezza che non troviamo nel dipendente che è più docile e modesto.
Il Disturbo Dipendente di Personalità e il Disturbo Evitante di Personalità sono entrambi caratterizzati da sentimenti di inadeguatezza, e necessità di rassicurazione, ma gli individui con Disturbo Evitante di Personalità hanno paura di essere umiliati e rifiutati, tanto che si ritirano.
Gli individui con Disturbo Dipendente di Personalità hanno invece un comportamento di ricerca dei legami con le persone, difficilmente si ritirano.
Quanto detto sicuramente ha lo scopo di fare più chiarezza e capire come funzionano i soggetti dipendenti.
Come intervenire: l’importanza di un percorso psicologico
Come abbiamo visto questo disturbo ha delle implicazioni non indifferenti su diversi piani.
Per questo occorre intervenire per evitare tali conseguenze.
Sicuramente a tal proposito non possiamo non mettere al centro l’importanza di farsi seguire da un professionista e seguire un vero e proprio trattamento.
A tal proposito sembra essere efficace quello ad orientamento psicodinamico che utilizza il concetto di conflitto inconscio per capire cosa vi è alla base di tale disturbo.
Questo approccio infatti vede il periodo dell’adolescenza come quello in cui si forma tale dipendenza, nel contesto familiare e sociale, portando ad un conflitto interno che se resta inconscio può solo creare danni.
Lo scopo di tale trattamento è quello di portare a livello conscio tale conflitto per analizzarlo e aiutare così il paziente a accettare tali dinamiche e migliorare le sue capacità e abilità sociali.
Anche il trattamento cognitivo comportamentale è efficace per trattare tale disturbo, poiché si concentra sull’esplorazione della paura di indipendenza e può aiutare le persone affette a sviluppare una modalità di interpretazione degli eventi più sana.
Lo sappiamo bene che i nostri pensieri influenzano il modo in cui ci vediamo e vediamo il mondo ed è proprio su questi che il terapeuta interviene attraverso le sue tecniche per mettere in discussione quelle convinzioni distorte che il soggetto dipendente ha maturato per poi sostituirle con pensieri più funzionali.
Attraverso un percorso di questo tipo il paziente sarà in grado di sviluppare strategie per gestire le proprie emozioni e aumentare il proprio senso di autoefficacia.
Riflessioni conclusive: cosa abbiamo detto sinora?
Sulla base di quanto detto sinora possiamo dedurre che chi è affetto da tale disturbo si considera bisognoso, debole, incompetente e vede gli altri come persone in grado di prendersi cura di loro.
Queste persone sono dunque convinte di aver bisogno degli altri per sopravvivere o del proprio partner per essere felici.
La minaccia principale che questi soggetti percepiscono? Quella del rifiuto e dell’abbandono, per questo vivono costantemente nell’ansia e nella paura.
Quando la figura da cui dipendono viene meno possono cadere in una grande depressione.
Tutto questo mette in evidenza il bisogno di queste persone di riscoprire e riscoprirsi e di credere in se stessi, senza dover dipendere da nessuno.
Per fare questo a volte bisogna scavare nel proprio passato e guardare in faccia le proprie ferite, attraverso un percorso i cui obiettivi solitamente sono:
- Diventare autonomi
- Ritrovare il proprio sé
- Possedere scopi e desideri propri che prima non immaginava di avere.
- Smettere di essere dipendenti dall’altro.
A proposito dell’ultimo punto va detto che la dipendenza dall’altro va bene se esercitata secondo modalità sane, poiché una relazione è caratterizzata per sua natura da un certo grado di dipendenza; se cosi non fosse non potremmo nemmeno parlare di relazione.
Quando questa diventa patologica non va bene però, poiché deve esistere un giusto equilibrio tra dipendenza e autonomia.
Solo in questo modo possiamo vivere relazioni sane; motivo per cui un soggetto dipendente dovrebbe farsi seguire da un esperto.
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