
fiducia
Fiducia: il filo invisibile che tiene insieme le relazioni
In ogni atto umano che coinvolga l’altro è iscritta una scommessa: che l’altro non ci tradirà. Questa scommessa ha un nome antico e fragile: fiducia…ma essa non è un dato, è un processo. Non nasce per imposizione né per volontà razionale. È il risultato di un equilibrio dinamico, continuamente esposto al rischio, alla delusione, alla possibilità della rottura.
La natura della fiducia: tra bisogno e rischio
La fiducia è un paradosso funzionale. Per poterci relazionare, collaborare, amare o semplicemente convivere, dobbiamo affidarci all’altro. Ma più ci affidiamo, più ci esponiamo al rischio. Come scrive Niklas Luhmann, sociologo tedesco, la fiducia riduce la complessità del mondo, rendendolo abitabile. Tuttavia, non elimina il rischio, lo rende semplicemente tollerabile. In psicologia, essa è vista come una forma di regolazione dell’ansia interpersonale, una struttura di contenimento emotivo fondata sull’aspettativa di coerenza, benevolenza e affidabilità dell’altro.
Le ferite della fiducia: tradimento, delusione, ambiguità
Ogni relazione significativa è un patto implicito: io credo che tu ci sarai, che non mi farai male. Quando questo patto viene violato – per inganno, negligenza o ambiguità – la fiducia si infrange. La rottura della fiducia non è solo un fatto morale, ma un evento psichico profondo, capace di produrre un trauma relazionale. Il tradimento dell’aspettativa rompe la coerenza dell’immagine che l’altro rappresentava, e con essa frattura anche la coerenza dell’immagine che abbiamo di noi stessi nella relazione.
Ma ci sono anche ferite più sottili, meno visibili: l’ambiguità, l’indifferenza, l’incoerenza reiterata. Sono microtraumi che la erodono lentamente e la trasformano in ipercontrollo, sospetto, evitamento. Lì dove non si riesce più a prevedere l’altro, nasce l’ansia. E dove c’è ansia, la fiducia non può attecchire.
Fiducia in sé stessi e autostima
Esiste una fiducia ancora più radicale di quella interpersonale: è la fiducia in sé stessi. Non è presunzione, né sicurezza artificiale, ma la percezione intima di poter far fronte alla vita. Secondo Albert Bandura, il senso di autoefficacia – concetto cardine della teoria sociale cognitiva – è la base della fiducia personale: la convinzione di saper agire per produrre cambiamenti. L’autostima, allora, non è un dato narcisistico, ma un effetto collaterale della fiducia nella propria capacità di rispondere agli eventi.
Costruire fiducia in terapia
Ogni processo terapeutico è, nella sua essenza, una relazione fondata sulla fiducia. Se il paziente non si affida – nonostante la sua diffidenza, la sua paura di essere nuovamente deluso – il cambiamento resta impossibile. In particolare, nella terapia breve strategica, la costruzione della fiducia avviene non attraverso la spiegazione, ma attraverso l’efficacia. È l’effetto concreto del primo cambiamento a generare la credibilità del processo.
Anche nella terapia cognitivo-comportamentale, la fiducia si rafforza con il tempo, grazie alla coerenza, alla validazione e alla competenza tecnica del terapeuta. Ma in entrambi i casi vale un principio fondamentale: la fiducia si costruisce attraverso micro-esperienze di affidabilità, di previsione mantenuta, di cambiamento osservato.
Strategie della terapia breve strategica e della CBT
Come si lavora, in concreto, con un costrutto così importante? Nella terapia breve strategica si utilizzano prescrizioni comportamentali paradossali: ad esempio, prescrivere al paziente l’atto del diffidare volontariamente, per interrompere il meccanismo automatico della diffidenza. Oppure si costruiscono esperienze che disconfermino il sospetto sistematico verso l’altro. Nella CBT si lavora invece sulla ristrutturazione cognitiva: il paziente impara a riconoscere le credenze disfunzionali che lo portano a non fidarsi, come ‘se mi fido, sarò ferito’, o ‘la gente è sempre inaffidabile’. Tali convinzioni vengono messe in discussione e testate attraverso esperimenti comportamentali.
Conclusione
La fiducia è il cemento invisibile delle relazioni e della psiche. È ciò che ci permette di amare, lavorare, sperare. Eppure, è anche ciò che più facilmente si sgretola di fronte all’incertezza. Ricostruirla richiede tempo, ma soprattutto metodo. La psicoterapia – se fondata su alleanza, validazione, coerenza – può diventare il laboratorio in cui reimparare ad affidarsi. Prima a sé stessi, poi all’altro.
Bibliografia
– Luhmann, N. (1979). Trust and Power.
– Bandura, A. (1997). Self-efficacy: The exercise of control.
– Nardone, G., & Watzlawick, P. (1997). L’arte del cambiamento.
– Beck, J. S. (1995). Cognitive therapy: Basics and beyond.
– Mikulincer, M., & Shaver, P. R. (2007). Attachment in adulthood.
– Petruccelli, F. (2019). Terapia breve strategica dell’insicurezza.