Il disturbo ossessivo-compulsivo, è un disturbo d’ansia che si caratterizza per la presenza di:
– pensieri ossessivi, vale a dire presenza costante e forzata di pensieri, immagini, numeri, impulsi, presenti in maniera costante e forzata, che si manifestano con una frequenza ed un’intrusività così forte nella mente della persona, al punto tale da portarla a sperimentare un’intensa sensazione di ansia, allarme, angoscia e preoccupazione;
– compulsioni, che non sono altro che rituali di comportamento (gesti o azioni ripetitive) o di pensiero (formule magiche, preghiere, ripetizione di parole) che la persona avverte di dovere per forza mettere in atto, per evitare di essere colta da attacchi d’ansia. Ma cosa sono e come funzionano, nello specifico, i rituali del disturbo ossessivo-compulsivo?
La maggior parte delle persone con DOC, che si rivolge ad uno psicologo-psicoterapeuta, chiede aiuto, non tanto per l’ansia che sperimenta in sè, quanto piuttosto, per l’incapacità a metter fine ai pensieri ossessivi o ai rituali, i quali, nei casi più gravi, finiscono con l’occupare gran parte della vita della persona e dei suoi familiari.
E’ importante precisare che, ciascuno di noi, possiede un’abitudine, un “rituale” che svolge frequentemente; ciò che fa la differenza tra, la normale presenza di gesti abitudinari e rituali compulsivi, è la pervasività del rituale stesso e il fatto che la persona che soffre di disturbo ossessivo-compulsivo, non riesce a svincolarsi dai gesti e dai pensieri ossessivi.
Il dover mettere in atto un rituale alla perfezione, o eseguire un gesto un determinato numero di volte, e ancora, ripetere una serie numerica, fin tanto che non ci si sente tranquilli, è ciò che consente a chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo, di tenere a bada e di controllare, ansie e preoccupazioni. Un controllo fin troppo riuscito, dal momento che la persona finisce col non poterne più fare a meno e ad entrare all’interno di una credenza che, orientativamente, “suona” nel seguente modo: “Se non eseguo più il rituale, mi sento male e/o succede qualcosa a me o ai miei cari“ (ad es: “Se non indosso più la maglietta blu ad ogni esame, verrò bocciato”; “Se smetto di sommare, per dieci voltedi seguito, la mia data di nascita, succederà qualcosa di brutto alla mia famiglia”).
Le ricerche condotte presso il Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo, hanno permesso, all’interno del disturbo ossessivo-compulsivo, di individuare quattro diverse tipologie di rituale:
I rituali, sempre sulla base del loro contenuto, possono distinguersi in: rituali razionali, ovvero azioni specifiche che nascono da una credenza razionale e che consentono al soggetto di prevenire le situazioni che lo spaventano, come il contagio di malattie, la perdita di controllo, e così via; rituali magici, cioè quelli connessi a credi religiosi, convinzioni derivate da superstizione, fiducia in poteri straordinari o nella fede, e così via.
Rituali e disturbo ossessivo compulsivo: rituali numerabili e a sensazione
Infine, è possibile distiguere tra: rituali numerabili, ovvero, la persona esegue il gesto, recita una determinata “formula”, un preciso numero di volte (ad esempio: “controllare di avere chiuso la manopola del gas 23 volte”) e rituali a sensazione, vale a dire, tutti quei rituali in cui non esiste un numero di gesti o di formule prestabilite, ma la persona mette in atto il rituale stesso, fin tanto che non sente di aver placato l’ansia (ad esempio: lavarsi le mani finchè non ci si sente puliti).
L’approccio strategico breve, attribuisce una fondamentale importanza al rituale, dal momento che un’attenta analisi di quest’ultimi, permette una risoluzione del problema. In particolare, l’intervento strategico breve, attraverso l’uso di peculiari tecniche di comunicazione terapeutica (che “sposano” la logica del paziente) e l’uso di prescrizioni da eseguire tra una seduta e l’altra, sono in grado di rompere la rigida credenza che è alla base del disturbo ossessivo-compulsivo.
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