Love addiction e paura di amare: due facce di una stessa medaglia?

 

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Love addiction e paura di amare: due facce di una stessa medaglia?

Sempre più spesso mi capita di incontrare, nella mia pratica clinica, persone che lamentano una sorda sofferenza per la fine di un rapporto di coppia, che, indagando più nel dettaglio, aveva dato ben poco in termini “affettivi” alla persona, la quale, si trovava alle prese con un partner “freddo, poco coinvolto e molto esigente.”

Eppure, consapevoli dei numerosissimi difetti e delle infinite mancanze, queste persone si presentano in studio, chiedendo di essere aiutate a ricostruire una vita letteralmente distrutta. Proseguendo con i colloqui, la maggior parte delle volte, emerge che quello che queste persone si trovano ad affrontare, non è un copione a loro del tutto nuovo, al contrario, spesso, hanno alle spalle una lunga serie di rapporti “finiti male”. Sembra proprio che questa fetta di persone, vada a cercarsi volontariamente, storie destinate puntualmente a terminare o comunque a farle stare male. Per quale motivo? Sono ormai numerosi gli studi che dimostrano che esiste una particolare forma di “dipendenza”, chiamata love addiction o dipendenza affettiva.

Che cosa è la love addiction?

Si parla di love addiction quando le persone iniziano ad essere totalmente dipendenti dalle sensazioni connesse all’amore e desiderano, pertanto, sperimentare costantemente queste sensazioni. Generalmente chi soffre di questa forma di dipendenza, avverte questo desiderio impellente di avere una persona vicino, al punto tale da “cadere”, spesso, all’interno di relazioni poco sane ed equilibrate. Ad esempio, finiscono col costruire una relazione instabile con chi, invece all’opposto, tende ad evitare rapporti e relazioni stabili e durature, noto come philofobico.

Love addiction: la strada verso la dipendenza

Chi soffre di dipendenza affettiva, segue un iter molto simile ai classici dipendenti (alcol, gioco d’azzardo ecc…).

La “soluzione a tutti i mali”: Chi soffre di dipendenza affettiva vive le prime fasi di una storia d’amore con estrema gioia ed entusiasmo. Vive una vera e propria “luna di miele”, sente che la storia che sta vivendo è quella giusta, quella “perfetta”. In realtà proprio come tutte le dipendenze, il piacere che prova col partner, è ciò che gli permette di fuggire dalla realtà, troppo forte o difficile da tollerare.

Questo significa che, la maggior parte delle volte, la relazione rappresenta una “medicina” per curare vissuti quali ansia, depressione, dolore, insicurezza, rabbia, disperazione, paura dell’abbandono, ecc… L’unico problema è che, come con la droga, il potere terapeutico della relazione, con questo tipo di premesse, non dura.

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Il controllo ossessivo

La dipendenza vera e propria – La dipendenza da un’altra persona si riflette nel bisogno ossessivo di controllare il partner e dal costante desiderio di averlo sempre vicino, di ricevere la sua approvazione e le sue attenzioni. La capacità di fidarsi dell’altro, è completamente assente in chi soffre di dipendenza affettiva e gradualmente, dalla gioia, la persona scivola verso emozioni quali ansia, paura di abbandono, gelosie, pensieri paranoici. Iniziano così messaggi interminabili, lunghe e continue telefonate, il tutto, con l’obiettivo di ridurre l’ansia sperimentata e accertarsi che l’altro sia sempre amorevole. La persona, inoltre, si concentra esclusivamente sul partner, arrivando a trascurare parenti e amici.

Perdita totale e pervasiva del controllo- Le continue e incoerenti richieste fatte per rassicurarsi, sollecitano nel partner emozioni quali rabbia, oppressione e talvolta anche minaccia alla propria intimità e libertà. Più il partner reagisce in questo modo, più chi è dipendente sente che deve controllare e migliorare e la qualità della relazione, dal momento che, un’altra caratteristica del dipendente affettivo, è quello di sentirsi sempre in difetto e che, pertanto, se qualcosa va male, è perché c’è qualcosa che non va dentro di sé e bisogna correggersi. La maggior parte delle volte, la correzione consiste, nell’”alzare la posta in gioco”, incrementando i comportamenti di presenza invadente e di controllo

In questo caso possono verificarsi due scenari: o il partner rimane ingabbiato all’interno di questa relazione, oppure -ed è questo lo scenario più frequente- scappa, lasciando nella persona dipendente un senso di vuoto, fallimento e generale ma profondo malessere.

Che cosa è la paura di amare?

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Come accennato pocanzi, chi soffre di dipendenza affettiva, spesso, intreccia relazioni con chi, all’opposto, nutre una vera e propria paura di amare. Oggi è usato un termine specifico per riconoscere questa forma di disagio che, nelle forme più acute diventa un vero e proprio problema relazionale: la philofobia. Con questo termine si indica una paura anormale e ingiustificata di amare. La persona philofobica soffre profondamente per questa condizione che in alcuni casi può assumere la forma di un vero e proprio disturbo d’ansia; di fronte alla possibilità di instaurare un rapporto più stabile, sono presenti sintomi quali dispnea, sudore eccessivo, nausea, tachicardia, agitazione e altri sintomi tipici dell’ansia.

Sono problemi opposti allora perché  si attraggono?

Chi evita rapporti stabili, è una persona che acquisisce un senso di controllo all’interno di una relazione, evitando il più possibile l’intimità con l’altro. Quando un evitante incontra un dipendente affettivo, insieme danno vita ad un modello disfunzionale di “fuga-inseguimento.”

La paura principale di chi soffre di love addiction è la paura di essere abbandonati, mentre chi evita, teme più di tutto, l’intimità e risponde prendendo le distanze. All’interno di questa dinamica, i “protagonisti” della storia, soddisfano in maniera disfunzionale dei bisogni o colmano delle mancanze, provocando delle conseguenze negative su entrambi i partner coinvolti.

Fonte

Simona Lauri

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    Simona Lauri
    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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