DIPENDENZA DA ZUCCHERI: COS’E' E COME LIBERARSENE RITROVANDO FELICITA’ E AUTOSTIMA - Psicologa Milano - Simona Lauri, Psicoterapeuta e mental trainer

diependenza da zuccheri CHE COS’E’ LA DIPENDENZA DA ZUCCHERI E COME LIBERARSENE RITROVANDO FELICITA’ E AUTOSTIMA

Cos’è la dipendenza da zuccheri?

Tutto ciò che ci dà piacere può diventare motivo di dipendenza. Lo shopping, il lavoro, lo sport, il gioco d’azzardo, internet, l’assunzione di sostanze psicoattive, il cibo.

Alcune dipendenze sono riconosciute in quanto rientrano nella routine di tutti i giorni e fanno parte di certi stili di vita culturalmente e socialmente accettati.

La dipendenza emozionale o psicologica da zuccheri è motivo di grande preoccupazione in molti paesi del mondo, soprattutto in quelli industrializzati dell’occidente.

Gli zuccheri che creano dipendenza sono quelli che si trovano nei cibi trattati e nei grani raffinati; una volta metabolizzato il cibo, nel corpo rimangono gli apporti extra di zuccheri ingeriti che non sempre vengono “bruciati” con ripercussioni anche fisiologiche.

Si parla di dipendenza emozionale (o nervosa o psicologica) da zuccheri per il fatto che il più delle volte lo zucchero in eccesso viene assunto in seguito a precisi stati d’animo, creando un circolo vizioso dal quale molto difficilmente si riesce a uscire.

Inoltre è stato dimostrato che lo zucchero è alla lunga l’alimento (cioè il gusto) preferito anche dalle persone che conducono una vita sana ed equilibrata.

Segni e sintomi della dipendenza da zuccheri

A differenza della dipendenza da altri tipi di sostanze come le droghe, la dipendenza da zuccheri è più difficile da individuare.

I segni più evidenti di dipendenza da zuccheri sono l’ingente consumo di cibi e bevande carichi di zuccheri, il craving (desiderio ardente e incontrollabile di assumere la sostanza), bisogno di aumentare le quantità, l’assicurarsi di avere sempre delle scorte in caso di bisogno, continuare ad abusare di dolci pur conoscendo i rischi e i danni, fallire ad ogni tentativo di liberarsi dalla dipendenza.

Un individuo può mangiare costantemente per combattere la noia diventando così energico e iperattivo, oppure in seguito a eventi di vita stressanti o dolorosi.

Molte persone impegnate nella diminuzione di assunzione di zuccheri, ammettono di sentirsi come se si stessero disintossicando da una droga, arrivando a compensare la carenza di zuccheri attraverso l’assunzione di quantità significative di carboidrati.

A questo proposito è opportuno fare  una breve distinzione tra carboidrati e zuccheri.

I carboidrati sono contenuti principalmente negli alimenti di origine vegetale (ad esempio nella pasta).

Sono la fonte primaria di energia depositati nei muscoli e nel fegato sotto forma di lunghe catene (glicogeno) composte a loro volta dal glucosio, la sostanza che arriva al cervello attraverso i i vasi sanguigni.

Poi abbiamo gli zuccheri semplici che sono contenuti nei dolci, nelle caramelle, nei budini, gelati e pasticcini, oltre che nelle bevande dolci.

Sono quelli che maggiormente interessano quindi l’industria dolciaria e dei quali non possiamo fare a meno (“effetto gola”).

L’assunzione ingente di zuccheri semplici va a inficiare quella dei carboidrati complessi, che da un punto di vista chimico/fisiologico sono meno dannosi per la salute.

Infatti gli zuccheri semplici sono causa di disturbi come il diabete, l’obesità, la demenza, i problemi cardiocircolatori e l’effetto yo-yo della dieta.

Il corpo e la gratificazione orale.

Il corpo è lo sfondo di tutti gli eventi mentali.

Secondo Freud (Galimberti, 1999) il corpo è la fonte di tutte le rappresentazioni di cui la mente si nutre.

Quando vi è uno stato di eccitazione somatica, sopraggiunge il bisogno di eliminare tale eccitamento introducendo nel corpo un oggetto esterno.

Si approda quindi al concetto di gratificazione (principio di soddisfazione) per cui l’organismo non è altro che un sistema che tende a conservare uno status oppure a ripristinare una situazione di alterazione.

Sin da quando veniamo al mondo, la principale gratificazione di cui si avvale l’individuo è quella orale: con la bocca si succhia il latte, si morde il seno della madre e così via.

“Il succhiare con delizia è collegato a un completo assorbimento dell’attenzione (…) producendo una reazione motoria, una specie di orgasmo (…) la pulsione non si dirige verso altre persone, ma si soddisfa sul proprio corpo, è autoerotica (…) se una persona rimane fissata al mondo dei desideri orali, chiede ed esige sempre molto, non abbandona il suo oggetto e si attacca per succhiamento” (Galmberti, 1999 p. 721).

Non vi è familiare questo scenario?

In un certo senso, le persone che si gratificano compulsivamente attraverso l’ingestione continua di cibo buono e dolce, presentano dei tratti di “vampirismo”.

Lo scopo è la sopravvivenza in seguito a una grave deprivazione.

La dipendenza da cibi zuccherati non è solo questione di neuroni, ma anche di psiche ed emozioni.

Si assume più zucchero quando siamo tristi, depressi, deprivati.

Cosa succede nel cervello quando assumiamo gli zuccheri? Ovvero, come si instaura la dipendenza?

I mammiferi sono in grado di percepire solo cinque gusti: il dolce, l’amaro, il salato, l’aspro e l’umami (il gusto dell’aminoacido glutammato).

E’ stato dimostrato che gli esseri umani, sin dalla nascita, preferiscono di gran lunga il gusto dolce (basti pensare ai neonati e ai bambini), seguito dal salato quando contenuto o usato per insaporire le pietanze.

 

Le neuroscienze considerano il cibo come una sorta di “ricompensa naturale”, al pari dell’attività sessuale e altre attività ritenute piacevoli dal cervello, innescando un comportamento di ricerca, rinforzo e ripetizione.

Uno dei sistemi cerebrali maggiormente implicati in queste ricompense naturali è quello mesolimbico.

Quando facciamo qualcosa di piacevole, un gruppo di neuroni (l’area tegmentale ventrale) usufruisce del neurotrasmettitore dopamina per inviare dei segnali a un’altra area cerebrale detta nucleus accumbens.

Le connessioni tra quest’ultimo e  la corteccia prefrontale influenzano i nostri movimenti fisici e la decisione se assumere o meno un altro po’ di dolce.

La corteccia prefrontale inoltre attiva degli ormoni ( che fungono da messaggeri da un gruppo di neuroni all’altro) che contengono un messaggio del tipo “ questa torta è veramente buona.  Me lo ricorderò in futuro”.

Il dolce crea un meccanismo di rinforzo maggiore rispetto all’amaro e al salato in quanto provvede alle naturali riserve di energia e al bisogno di nutrimento.

Al pari delle droghe (nicotina, eroina, cocaina) gli zuccheri contribuiscono al rilascio di dopamina (un neurotrasmettitore deputato al sistema piacere/ricompensa, controllo del movimento, capacità attentiva, sonno e memoria di lavoro) nel nucleus accumbens.

Nel lungo periodo, l’assunzione regolare di zuccheri modifica la disponibilità di recettori dopaminergici sia nel mesencefalo (la porzione di cervello deputata alla vista, all’udito, al controllo motorio, al ciclo sonno/veglia, all’attivazione nervosa e alla regolazione della temperatura) sia alla corteccia frontale (deputata all’elaborazione delle informazioni e ad attività di natura esecutiva).

In breve, un’assunzione prolungata di zuccheri comporta un’eccessiva eccitazione cerebrale nelle aree deputate alla ricompensa e al bisogno di più zuccheri allo scopo di attivare i recettori della dopamina localizzati nel mesencefalo come si erano attivati la prima volta.

A questo punto, il cervello diventa tollerante allo zucchero e per ottenere lo stesso effetto piacevole ne richiede ulteriori quantità.

Al contrario, una deprivazione di zuccheri ( e quindi una diminuzione di dopamina nel nucleus accumbens) riduce le risposte di tipo incentivo-motivazionali

. E’ stato infatti dimostrato in alcuni esperimenti condotti sui ratti da laboratorio, che la deplezione di dopamina nel NA riduce l’eccitazione motoria di fronte al cibo anche in caso di fame dovuta a digiuno prolungato.

Perché non riusciamo a smettere di assumere zuccheri?

Studi di neuroscienze hanno dimostrato che la dipendenza da zuccheri attiva le stesse aree cerebrali attivate dall’ uso-abuso di cocaina: i recettori dopaminergici diventano meno sensibili alla presenza di zucchero mentre la dipendenza diventa sempre più forte.

La dipendenza da zuccheri può essere concettualizzata come un ciclo ( o circolo vizioso): abbuffata-astinenza-pensiero fisso-abbuffata.

Studi di neuroscienze e psicologia hanno dimostrato che i soggetti con caratteristiche quali impulsività e compulsione sono più a rischio di sviluppare la dipendenza.

Piacere, gratificazione e sollievo sono le emozioni provate nel momento in cui assumono la sostanza.

Sono però seguite da rimorso, senso di colpa e autobiasimo, soprattutto nelle persone impulsive mentre le persone tendenti alla compulsione (azione spasmodica, ripetitiva e incontrollata di assunzione) generalmente tendono a sperimentare ansia e irrequietezza prima di assumere la sostanza e sollievo dopo averla assunta.

Un’altra causa di assunzione spasmodica di zuccheri è lo stato d’animo.

E’ stato dimostrato che le persone affette da depressione o che vivono anche solo momenti transitori di tristezza (in seguito a una rottura sentimentale, la perdita del lavoro, un litigio con una persona cara) attivano una urgente necessità di zuccheri come fonte di sollievo e compensazione, seppur fittizi.

Il risultato che si ottiene è un aumento ponderale nel breve termine e lo sviluppo di disturbi fisiologici e psicologici più gravi nel lungo termine.

Anche l’astinenza prolungata da zuccheri semplici (quando non veramente voluta) comporta delle conseguenze negative, tra le quali tremori, ansietà, comportamenti passivi anche davanti a situazioni di pericolo, senso di impotenza, innescando un meccanismo di ricerca spasmodica e ingestione incontrollata.

Cosa si può fare per uscire dal circolo vizioso della dipendenza da zuccheri?

Uno dei primi passi da compiere è la presa di consapevolezza della dipendenza.

Dal momento in cui la dipendenza da zuccheri non è tipicamente suscettibile di diagnosi, è importante che l’individuo comprenda che un tipo di alimentazione basata su quantità ingenti di zuccheri semplici, non solo mette in pericolo la propria salute fisiologica ma anche le funzioni cognitive (come la concentrazione e la perdita dell’autocontrollo) e tutti i processi emozionali, esasperandoli (tra cui una maggiore tristezza, ansietà, bassa autostima).

Il secondo passo da fare è trovare dei validi sostituti alimentari.

Nella dipendenza da zuccheri, non è tanto lo zucchero di per sé il problema quanto il bisogno e la ricerca del gusto dolce.

Non dimentichiamoci che anche la frutta contiene il fruttosio, uno zucchero naturale, gustoso, piacevole e sicuramente più salutare. L’idea potrebbe essere quella di associare piccole quantità di dolciumi accompagnate da molta frutta ( ad es. un cioccolatino e una mela, o una susina, o delle fragole come spuntino a metà mattina o metà pomeriggio), oppure dolcificare latte e tè con moderate quantità di miele.

Inoltre, per soddisfare il fabbisogno legato alla stanchezza, si può ricorrere all’assunzione di cibi proteici (uova, latte, alcuni legumi, carne, pesce azzurro e così via).

Le Pratiche Contemplative per la regolazione delle emozioni e delle dipendenze.

Negli ultimi anni,  si stanno affermando con sempre più successo le pratiche meditative per uscire dal circolo vizioso delle dipendenze emozionali.

Tra queste pratiche, sicuramente una delle più diffuse è la mindfulness  che si avvale di vari protocolli o tipi formali di meditazione.

Cos’è nello specifico la Mindfulness?

Il termine è di origine inglese e significa “attenzione cosciente, mente pienamente consapevole”.

Si riferisce alla capacità di osservare il proprio Io dall’esterno al fine di controllarne le azioni e quindi anche i comportamenti automatici e compulsivi.

Attraverso la piena consapevolezza metacognitiva (cioè dei propri processi di pensiero) e degli stimoli ambientali nel qui ed ora, l’individuo ha la possibilità di aumentare la non risposta alla brama connessa all’assunzione di sostanze attenuando lo stress ed aumentando l’attenzione verso gli stimoli più salutari.

E’ stato difatti dimostrato che non solo la mindfulness estende il periodo di astinenza da sostanza fino a 12 mesi dopo il trattamento, ma rende l’individuo più rilassato e più ricettivo nei confronti delle proprie sensazioni e dell’ambiente circostante.

Non solo. Al di là dei benefici legati all’abuso di sostanze e ad altri comportamenti compulsivi, la pratica mindfulness aumenta la neuroplasticità.

Le neuroscienze spiegano che il cervello può essere allenato come un qualunque altro muscolo del nostro corpo.

Se imparo a suonare uno strumento o ad andare a cavallo, il cervello si riorganizza e si ristruttura.

Con la meditazione mindfulness le vie neuronali connesse al benessere e all’autocontrollo si rafforzano, influenzando tra le altre cose anche la gestione del dolore e dell’emotività.

Praticare attività fisica.

Fare sport favorisce il rilascio di endorfine (ormoni della felicità), sostanze chimiche prodotte dal cervello dotate di capacità antidolorifica e ed euforizzante (come il senso di pienezza e benessere che sentiamo al termine di un rapporto sessuale).

Anche solo 30 minuti al giorno di camminata sportiva al sole, bastano per “scaricare” l’organismo dallo stress e dalle tensioni accumulate e favorire il buonumore.

In questo modo si innesca un ciclo del tipo “mi muovo-sto bene-mangio- sano-mi muovo”.

Al presentarsi di buoni risultati aumenta l’autostima e di conseguenza la motivazione a continuare il comportamento salutare.

Infatti le endorfine favoriscono il controllo dell’appetito, la coordinazione motoria e il senso di felicità.

Associare l’attività fisica alle pratiche meditative con regolarità, non solo incrementa l’autocontrollo ma è un buon metodo per mantenere il cervello giovane!

 

 

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA

https://www.sweetdefeat.com/blog/sugar-addiction

 

https://www.addictioncenter.com/drugs/sugar-addiction/

 

https://www.iflscience.com/brain/here-s-what-happens-your-brain-when-you-give-sugar-lent/

 

https://www.verywellmind.com/how-sugar-affects-the-brain-4065218

 

https://makeyourbodywork.com/overcoming-sugar-addiction/

 

https://www.psychologytoday.com/us/blog/shrink/201209/how-get-over-your-sugar-addiction

 

https://www.istitutobeck.com/terapia-cognitivo-comportamentale/la-dipendenza-da-sostanze-caratteristiche-cause-e-trattamento

 

http://www.psicoattivo.com/mindfulness-nella-cura-delle-dipendenze/

 

https://www.my-personaltrainer.it/fisiologia/ormoni/endorfine.html

 

 

Squire L.R. et al. “Fundamental Neuroscience”,  Academic Press Elsevier 2013

Galimberti U. “Psicologia”, Garzanti 2009

Simona Lauri

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    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

    1 Comment

    1. Franca ha detto:

      Articolo interessante ed esaustivo.
      Vorrei però far presente che studi e ricerche scientifiche degli ultimi anni hanno dimostrato che il fruttosio non è affatto salutare in quanto può provocare la steatosi epatica non alcolica e il suo consumo è associato ad obesità, invecchiamento precoce, malattie neurodegenerative, ipertensione, ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia…tanto per citarne alcune.
      Ovviamente conta anche la quantità quindi la frutta va consumata intera e con moderazione a anche il miele non è innocuo come comunemente si crede dato il suo alto contenuto di fruttosio.

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