
giochi di squadra
Giochi di squadra: perchè praticarli?
La domanda vuole, per chi pensa sia scontato fare gioco di squadra, smontare una tesi che ha come punto principale una riflessione naturale, ovvero che le persone non sono tutte uguali e, laddove una persona predilige condividere una strategia, un’altra preferisce agire in solitudine. In Italia in ambito lavorativo prende sempre più piede il concetto di team, all’interno del quale, fare il lavoro di squadra presuppone gli stessi elementi fondamentali dell’ambito sportivo.
Quindi, per fare il punto della situazione, un individuo può scegliere se prendere parte ad una squadra o meno, cosciente del fatto che da “solo” è lui l’eventuale leader di sé stesso, il gregario, il collante e il solo responsabile, mentre nel “collettivo” è una persona che deve definire il suo ruolo all’interno di esso (cosa questa che può essere conferita dal gruppo stesso es: Jacob è il nostro leader) .
Alcuni optano per far parte di un gioco di squadra perché è più facile (per lui); altri scelgono per altri motivi più o meno superficiali come la convenienza. Ci sono alcune persone invece ch scelgono per motivi legati alla sfera psico-sociale (il senso di appartenenza).
Giochi di squadra: opportunità per il successo
È vero che l’unione fa la forza? Tutto dipende dal tipo di carattere che ti porti dietro. Se indossi gli abiti di un trascinatore molto probabilmente i componenti di un gruppo ti proclameranno il loro leader, cioè colui che li guida fuori dalle avversità.
Un leader deve avere collaboratori che non solo pensino che, il suddetto abbia delle capacità oggettive ma che essi si immaginino cose difficili, per non dire impossibili che solo il leader secondo loro potrebbe fare: hanno bisogno quindi, di credere in lui.
Per il successo di un gruppo ci devono essere elementi di varia entità che sinergicamente lavorino ad un obiettivo comune.
Il fantomatico maestro zen agli annali Phil Jackson, allenatore pluripremiato di basket (NBA), prima dei Bulls, poi dei Lakers scrisse nel suo libro[1] queste parole per definire gli ingranaggi del successo della sua squadra: “ Kobe[2]ritornò in formazione e si adattò perfettamente. Ciò che accadde durante quel periodo è una cosa che mi piacerebbe poter imbottigliare e vendere. Era come se una luce fosse apparsa all’improvviso e contemporaneamente su tutti i Lakers e loro ne fossero stati illuminati….” e continua dicendo : “… perché nessuna delle squadre che ho allenato ha mai dominato i playoff come i Lakers del 2000-2001. Tutti sembravano avere il loro istante di gloria nei playoff, quando i Lakers giocavano veramente da squadra.”
Queste parole scritte da Phil Jackson, uno degli allenatori più vincenti della storia, sono un mantra che mi fa riflettere sui concetti di squadra, gioco di squadra e successo. Il concetto di squadra è racchiuso da PJ (così l’allenatore è chiamato dai suoi amici e giocatori) con il problema della diversità delle personalità (eh già, perché spesso e volentieri una squadra è composta da svariate personalità di natura pittoresca dove non mancano di certo violazioni di regole, rispetto e chi più ne ha più ne metta).
PJ che è un autentico maestro nel mettere insieme più elementi, manco fosse l’Alchimista (libro che propinava al leader della sua squadra, in arte Shaquille O’Neal), riuscì come per magia a far collaborare una squadra che nonostante il talento spropositato, faceva fatica ad ingranare.
[1] Phil Jackson e Charley Rosen in Più di un gioco, edito da Baldini & Castoldi, 2001
[2] Kobe Bryant eccellente ex giocatore NBA, preso a modello per la sua fame di vittoria da cui la “mamba mentality” vinse 5 campionati e ricevette vari premi per gli svariati record superati.
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