Psicologia, psicoterapia, psichiatria...facciamo un pò di chiarezza!

Psicologia, psicoterapia, psichiatria…facciamo un pò di chiarezza!

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Psicologia, psicoterapia, psichiatria…facciamo un pò di chiarezza!

Per chi non lavora nel settore della salute mentale potrebbe essere difficile comprendere la differenza tra le tre figure di quest’ambito: psichiatra, psicologo e psicoterapeuta. Questo articolo cercherà di chiarire come operano questi tre professionisti.

La psicologia è una scienza davvero molto recente rispetto ad altre ed è poliedrica perché ingloba molti campi di studio: lo sport, il comportamento sociale, i processi cognitivi, la comunicazione e in generale i processi mentali e i comportamenti umani.

I primi due approcci alla psicologia, negli anni della sua origine, sono stati il funzionalismo e lo strutturalismo. Il primo nasce con William James il quale sosteneva che la mente è in continua evoluzione e i processi mentali sono indagati in quanto funzioni adattive. La domanda che il funzionalismo si pone è “a cosa servono e come funzionano i processi mentali?”.

Strutturalismo

Lo strutturalismo invece era il nome dato al metodo sperimentale di Wilhelm Wundt. Con il metodo sperimentale la psicologia viene posta al pari della fisica e delle altre scienze. Mente e Coscienza sono le due categorie principali e si riferiscono all’esperienza immediata del qui e ora. La psicologia di Wundt era molto lontana dalla psicologia introspettiva che oggi conosciamo, ma ha comunque rivestito un ruolo importante in quanto nel 1879 apre il primo laboratorio di psicologia e perché ha separato questa disciplina dalla filosofia analizzando il funzionamento della mente con metodo oggettivi e standardizzati.

Addentrarsi nella lunga e complessa storia della psicologia non è utile in questo contesto in quanto quello che è importante chiarire è la differenza tra psicologia, psicoterapia e psichiatria. I tre professionisti possono lavorare nel settore pubblico e privato, con adulti, bambini e anziani.

Il compito dello psichiatra

Lo psichiatra è un professionista che ha avuto una formazione medica e ha deciso di specializzarsi in psichiatria. Lo psichiatra dopo un colloquio e l’osservazione dei sintomi o il loro racconto da parte del paziente e/o dei familiari, capisce che problema presenta la persona e poi, se è il caso, prescrive dei farmaci ad hoc. Non tutti i farmaci sono uguali e non tutte le persone reagiscono ai farmaci in egual modo. È per questo che quando si assumono farmaci bisogna sempre seguire i consigli dello psichiatra, non interrompere le terapie solo perché ci sentiamo meglio e non fare “cure fai da te” o assumere farmaci non prescritti a noi direttamente.

L’importanza dell’aderenza alla cura farmacologica

Questi punti sono fondamentali. I farmaci infatti agiscono a livello neurobiologico, se vengono interrotti drasticamente senza seguire le indicazioni dello psichiatra si rischia di far mancare improvvisamente al nostro corpo un principio attivo fondamentale che ci forniva il farmaco e che ci faceva stare meglio. La conseguenza sarà quella di stare peggio rispetto a come stavamo prima. Questo non è valido per tutti i farmaci, per esempio alcuni antidepressivi agiscono così, ma non tutti. Non essendo noi dei professionisti non possiamo conoscere le differenze tra un farmaco e un altro ed è per questo che dobbiamo sempre seguire il nostro psichiatra.

Altri errori commessi

Un altro aspetto purtroppo comune è quello di non rivolgersi a uno psichiatra ma al medico di base. Nonostante il secondo possa prescrivere degli psicofarmaci, non avrà la stessa specializzazione e quindi lo psichiatra conoscerà sempre meglio il problema mentale e come affrontarlo.

Lo psichiatra inoltre, una volta che valuta quello di cui soffre la persona, ha la possibilità di consigliare una consulenza psicologica per un percorso di riabilitazione oppure una psicoterapia, a meno che lui stesso non sia anche psicoterapeuta. Vediamo queste differenze.

Psicologo…quanta confusione in questo ruolo!

Sfatiamo immediatamente alcuni miti MOLTO comuni tra le persone che per fortuna o per sfortuna non hanno mai avuto a che fare con uno psicologo:

  1. Lo psicologo non prescrive farmaci. Come abbiamo visto prima è solo ed esclusivamente lo psichiatra che li prescrive. È necessaria una laurea in medicina per farlo.
  2. Lo psicologo non usa il lettino. L’uso del lettino nasce con Sigmund Freud il quale lo utilizzava in un contesto (setting) molto differente da quello dello psicologo. Freud faceva riferimento ad un orientamento psicoterapeutico che si chiama psicoanalisi, e ad oggi molti psicoanalista non utilizzano più. Vedremo dopo cosa si intende per psicoterapia.
  3. Psicologia non è psicoanalisi. Freud sarà stato sicuramente un grande studioso e innovatore della psicologia, al punto che molti credono che tutta la psicologia nasca da lì. Niente di più falso! Ci sono stati tanti studiosi innovativi, brillanti a dalle scoperte eccezionali che non sono stati psicoanalisti.

Ancora altri miti da sfatare

  1. Parlare con lo psicologo è come parlare con un amico. Questa è la giustificazione (scusa) che la gente si da perché ci sono ancora troppi pregiudizi per chi va dallo psicologo. Spesso il pensiero automatico e quindi non controllabile che facciamo è “allora è pazzo” “chissà che problemi ha”. Non c’è nulla di più sbagliato! Lo psicologo ha degli strumenti specifici che ha imparato a utilizzare durante la sua lunga formazione che un amico non avrà mai, neppure se vi conosce da 30 anni.
  2. Non spendo soldi per queste cose, lo psicologo è troppo caro. Questo è un problema che attanaglia un po’ tutta la sanità. Gli italiani stanno iniziando a rinunciare alle cure per la propria salute fisica e mentale a causa della crisi economica che stiamo attraversando. Però quello che ti chiedo è: riusciresti a vivere costantemente con un pensiero che assilla la tua mente? Riusciresti a vivere con la depressione ogni giorno? Svegliarti ogni mattina e pensare che non vorresti alzarti per non affrontare il mondo? Fortunatamente ci sono molti psicologi che nel privato non adottano un tariffario eccessivo, e sul territorio, in ogni quartiere, ci sono dei servizi di salute mentale pubblici che hanno un costo veramente ridotto.
  3. Lo psichiatra è più bravo perché è un medico. Sbagliato! Non esiste uno psichiatra più bravo e uno psicologo meno bravoi, ci sono solo una formazione e degli studi diversi, che fanno affrontare il problema in modo differente.

Il compito dello psicologo

Lo psicologo ha un percorso formativo diverso rispetto a quello dello psichiatra. Prima di tutto ha conseguito una laurea Magistrale (5 anni o 3+2) in Psicologia Clinica. In seguito ha superato l’esame di Stato per l’iscrizione all’Albo degli psicologi che permette al cittadino di accertarsi e rassicurarsi sul professionista che ha contattato.

Lo psicologo svolge principalmente attività di diagnosi, supporto, sostegno, riabilitazione e ricerca. In realtà questi compiti sono riduttivi, in quanto la figura dello psicologo è impegnata in moltissimi ambiti, sia pubblici che privati, sia della salute mentale che della formazione, sia nell’ambito del lavoro e delle organizzazioni.

La psicologia si differenzia in applicata e di ricerca. Coloro che sono orientati alla psicologia applicata useranno le loro conoscenze per aiutare nella pratica i pazienti. Coloro che sono orientati alla ricerca sono interessati alla conoscenza teorica della mente umana.

La diagnosi

Come detto prima, uno dei compiti dello psicologo è quello di fare diagnosi, con la quale si intende la conoscenza e approfondimento del funzionamento del soggetto. Solitamente la diagnosi segue un linguaggio comune, per esempio, se uno psicologo clinico pone la diagnosi di Depressione Maggiore tutti i professionisti della salute sapranno a cosa ci si riferisce. Questo accade perché psicologi, psichiatri, psicoterapeuti e medici si servono di un manuale universalmente riconosciuto, nato in America nel 1952, che prende il nome di Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM). Ad oggi siamo arrivati alla quinta edizione.

Il clinico per porre una giusta diagnosi deve fare un’indagine, quindi nei primi colloqui (il numero è a discrezione dello psicologo, ma sono comunque pochi) cercherà di ottenere delle informazioni che possono provenire dal paziente, dai familiari, e/o dalle persone più vicine a lui. Inoltre lo psicologo clinico è abilitato all’utilizzo di strumenti diagnostici quali i test. Di test psicologici ce ne sono moltissimi, alcuni indagano l’intelligenza, altri la personalità, altri i disturbi psicosomatici ecc… possiamo dire che la scienza ha creato un test per ogni problema! Non sono i test che si trovano nei giornali e che facciamo per passatempo, questi non fanno che sminuire la professionalità del clinico. Sono strumenti che lo psicologo acquista, e che sono stati approvati a seguito di molti studi e prove su campioni di persone. Un test per essere valido infatti deve anche essere attendibile.

La scelta del test

Come fa lo psicologo a scegliere il test migliore? È chiaro che il paziente non potrà essere sottoposto a tutti i test di cui dispone lo psicologo, quindi quest’ultimo, sulla base delle informazioni che ha ottenuto durante il colloquio orale, “si farà un’idea” di quello che potrebbe avere la persona e quindi sceglierà alcuni test e ne scarterà altri. Facciamo un esempio.

Immaginiamo che si presenta allo psicologo una persona che appare un po’ “piatta” emotivamente, quindi racconta le cose sempre con lo stesso tono di voce, nei suoi racconti non sono espressi sentimenti ed emozioni, tutto è raccontato in modo distaccato, non riesce a immaginare cosa gli altri possano provare e presenta dei disturbi fisici che però non dipendono da una malattia fisica. In questo caso lo psicologo potrebbe optare per l’utilizzo di un test che indaga l’alessitimia, un disturbo per cui la persona non ha la capacità di riconoscere le emozioni proprie e altrui e spesso queste vengono espresse attraverso il corpo. Questo esempio banale serve per far capire che ogni test ha una sua specificità e un suo ruolo nell’indagine della psiche umana.

Dopo la diagnosi

E dopo la diagnosi? Dopo che lo psicologo avrà un quadro chiaro della situazione, creerà un piano terapeutico. A questo punto gli si aprono davanti diverse strade che ora vedremo. Se lo psicologo ritiene che la persona avrà bisogno di un sostegno potrebbe stabilire, attraverso un contratto firmato da entrambi i partecipanti (paziente e psicologo) , di continuare a fare dei colloqui di breve durata i quali mireranno a lavorare sul problema che la persona presenta e per la quale si è rivolto a lui.

Ma potrebbe anche ritenere necessaria una consulenza psichiatrica per una possibile cura farmacologica o potrebbe anche rassicurare semplicemente la persona fornendole alcune tecniche e consigli per affrontare la situazione problematica senza che inizi un percorso con lui o con altri. Lo psicologo però potrebbe anche ritenere che la persona abbia bisogno di seguire un percorso più lungo e con finalità differenti dalla consulenza ed è per questo che si rivolgerà (invierà la persona) a uno psicoterapeuta. Analizziamo questa figura.

La psicoterapia

Quando parliamo di psicoterapia e psicoterapeuta ci addentriamo in un mondo un po’ più complesso in quanto è un termine poco utilizzato rispetto a psicologo o psichiatra, perché se ne conoscono poco le caratteristiche. Lo scopo dello psicoterapeuta rimane sempre quello di aiutare la persona a risolvere un problema che può essere di natura emotiva o psichiatrica.

Lo psicoterapeuta ha affrontato tutto il percorso di studi dello psicologo clinico, ma ha in più ha un Diploma di specializzazione preso in una Scuola di Psicoterapia, che in Italia sono esclusivamente private. Queste scuole devono essere riconosciute dal MIUR e hanno una durata di 4 anni. Possiamo banalizzare dicendo che lo psicoterapeuta ha in più rispetto allo psicologo la possibilità di trattare un disturbo psichico che richiede maggiore attenzione, permette una conoscenza più approfondita della personalità del soggetto, ha lo scopo di rendere l’individuo consapevole dei suoi processi mentali e di ridurre la sintomatologia e migliorare le relazioni interpersonali del soggetto.

Tanti approcci…tante scuole

Esistono diverse scuole perché esistono diversi approcci in psicoterapia, cioè diversi modi di operare e di lavorare insieme al paziente. Sono approcci psicoterapici quelli psicodinamico, sistemico familiare, cognitivo comportamentale, interpersonale, umanistico, breve strategico. Ma i fattori comuni tra tutte queste diverse prospettive è l’attenzione alla relazione e alla sofferenza del paziente.

Come scegliere tra questi diversi approcci? Si dice che la scelta di uno psicoterapeuta non sia causale, ma che per delle dinamiche inconsce scegliamo anche senza conoscerne le differenze. Quello che consiglio è di documentarvi prima sulle varie differenze. Se sono una persona orientata alla conoscenza più approfondita di me stessa, del mio modo di relazionarmi, se voglio conoscere il mio mondo interiore facendo riferimento al passato allora mi orienterò più verso una psicoterapia psicodinamica. Se invece questi aspetti sono per me poco rilevanti su quelle che possono essere le possibili cause della mia sofferenza e se voglio trovare una soluzione più immediata ai miei sintomi mi orienterò verso delle terapie più brevi.

In ogni caso la cura di se stessi viene prima di tutto!

BIBLIOGRAFIA

Simona Lauri

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    Simona Lauri
    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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