Il COMPORTAMENTO PASSIVO-AGGRESSIVO E LA GESTIONE DEI CONFLITTI DEI PROVOCATORI SERIALI - Psicologa Milano - Simona Lauri, Psicoterapeuta e mental trainer

Il COMPORTAMENTO PASSIVO-AGGRESSIVO E LA GESTIONE DEI CONFLITTI DEI PROVOCATORI SERIALI

passivo aggressivo

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I PROVOCATORI SERIALI: COSA SI NASCONDE DIETRO IL COMPORTAMENTO PASSIVO-AGGRESSIVO E COME GESTIRE AL MEGLIO I CONFLITTI

Il comportamento passivo-aggressivo è molto diffuso anche se non subito individuale a causa del modus operandi in cui viene messo in atto.

Neanche vi sono specifici contesti in cui è più frequente: si spazia dalla famiglia all’amicizia fino ai posti di lavoro e perfino nei rapporti di coppia.

Di cosa stiamo parlando?

Ecco qualche esempio di comportamento o comunicazione passivo-aggressiva:

  • Marta viene assunta come nuova addetta alle vendite in una libreria di quartiere. La libreria era stata inaugurata da meno di un mese e al suo interno vi erano già due ragazze che vi lavoravano, una di loro era stata nominata referente di negozio, la seconda come “normale” commessa. Marta era stata assunta come terza. Dopo soli pochi giorni dalla sua assunzione, Marta si accorse che quando nelle pause di lavoro parlava con la sua collega (la seconda assunta), questa tra un sorriso e l’altro, con toni estremamente tranquilli e gentili, ribadiva spesso il fatto che lei (Marta) lì dentro non era altro che una “jolly”, una cosa in più. La situazione degenerò quando per decisione del capo, a Marta fu assegnato un giorno in più di lavoro in una filiale che si trovava in una cittadina poco distante. Un giorno in più di lavoro rispetto alla seconda collega. Quest’ultima, in seguito a questa decisione del capo, diventò sempre meno gentile con Marta e quando quest’ultima, per forza di cose, le chiedeva qualche favore, puntualmente si dimenticava di farglielo “uh scusami, l’ho dimenticato! andavo di fretta e mi sono dovuta fermare in farmacia! che scema!”
  • Daniele, dopo aver superato il test d’ammisione alla facoltà di medicina, incontra per strada un amico e con gioia gli comunica l’esito del test. Il suo amico, con un sorriso gli dice “ah, bella la facoltà di medicina! sai, con i test a crocette non deve essere un’impresa difficile superarlo!”
  • Sonia parlando con un’amica che non vedeva da qualche mese, le comunicò che aveva trovato un nuovo lavoro come segretaria in uno studio legale. La sua amica, con un’espressione sorridente le rispose “in effetti è un bel lavoro, beh, d’altra parte nella vita si cresce!”

Gli esempi sono infiniti, ma tutti noi almeno una volta nella vita ci siamo ritrovati a parlare con persone passivo- aggressive.

Quello che ci lasciano dentro è tanta confusione e sentimenti negativi verso noi stessi.

Ma chi sono i passivi- aggressivi?

IDENTIKIT DELLA PERSONA PASSIVO-AGGRESSIVA

P come passivo: l’individuo agisce mascherando e reprimendo le sue vere emozioni e intenzioni. Non è capace di esprimere i suoi pensieri.

A come aggressivo: l’individuo agisce allo scopo di ferire, sminuire, mettere a disagio il prossimo.

Secondo il PDM (Manuale Diagnostico Psicodinamico), il comportamento passivo-aggressivo è tipico delle personalità narcisiste e/o dipendenti. Nel primo caso, abbiamo a che fare con individui caratterizzati da sentimenti di grandiosità, mancanza di empatia, invidia; nel secondo caso, sono persone che temono frequentemente il giudizio altrui, soprattutto di persone ritenute in qualche modo autorevoli e “che contano” e sulle quali non riescono a riversare direttamente la rabbia che provano per i loro comportamenti ritenuti scorretti.

Anche se il comportamento passivo-aggressivo è tipico delle persone adulte (soprattutto a partire dai 24-25 anni), un’analogia la possiamo ritrovare nella primissima infanzia. Melanie Klein, nel suo libro “Note su alcuni meccanismi schizoidi” (Lis et al. 1999) scritto nel 1946, descrive per la prima volta in modo approfondito un meccanismo di difesa operativo già nella primissima infanzia e che prende il nome di “identificazione proiettiva”.

Secondo la studiosa, il neonato, per difendersi dall’angoscia, scinde parti di sé ritenute intollerabili e le proietta sull’altro (la madre) al fine di poterla/le controllare. In seguito a questa proiezione, la madre si ritrova a contenere le parti cattive del bambino e quest’ultimo continua a sentirla come parte di sé (il sé cattivo).

Il bambino ha sì espulso le sue parti cattive sulla madre ma allo stesso tempo vi si identifica: questa primordiale dinamica relazionale è il prototipo di ogni comportamento aggressivo.

Infatti, l’angoscia non svanisce, perché la persone su cui sono state proiettate le parti cattive, diventano altresì persecutori nella mente del bambino, diventano “i cattivi”.

In età adulta, questo meccanismo relazionale, assomiglia in qualche modo a quelle che comunemente chiamiamo “provocazioni subdole”.

La persona che ci proietta addosso la sua velata aggressività, suscita in noi controreazioni di due tipi: da una parte perplessità, silenzio e talvolta tristezza, oppure reazioni di risposta altrettanto rabbiose e aggressive.

In questo modo, chi ha dato inizio a tutto ciò, si autoconvince (o tenta di convincere gli altri) di essere stato vittima dell’altro, negando ogni sua intenzione cattiva “io non ho fatto niente! quando parlavo ero tranquillo!”.

L’artefice è diventato vittima, la vittima è diventata carnefice!

Tutti noi abbiamo momenti in cui rispondiamo con sarcasmo, oppure diciamo di sì quando in realtà vorremmo dire no, ma questo comportamento diventa problematico e sintomatico quando è ricorrente, quando diventa uno stile comunicativo volto a bypassare ogni comunicazione carica emotivamente.

Quali sono le cause di questo comportamento?

Solitamente, le persone che si relazionano agli altri in modo passivo-aggressivo sono cresciute in famiglie che evitano i conflitti, come se i sentimenti negativi quali rabbia e aggressività fossero un tabù. Inoltre la società in cui viviamo ci consegna da sempre il messaggio che la rabbia non sia un’emozione salutare.

Esperti dimostrano che i nostri genitori e gli adulti in genere, sin da piccoli ci insegnano ad essere condiscendenti e a non dire cose che potrebbero sollevare problemi e conflitti.

Nessuno ci insegna che la rabbia è un’emozione come le altre e che possiamo (anzi, dobbiamo) imparare a gestirla e farla diventare una risorsa da cui trarre vantaggio.

Neuroscienziati e psicologi credono che il comportamento passivo-aggressivo sia il prodotto dell’interazione tra geni e ambiente.

Il più delle volte, le persone diventano passivo-aggressive inconsciamente perché non si sentono real mente libere di esprimere apertamente la loro rabbia.

La rabbia, così come gli altri sentimenti negativi, rimane inespressa al fine di evitare punizioni dalle figure ritenute autorevoli (genitori, datori di lavoro ecc).

Ritornando alla storia di Marta, la collega passivo-aggressiva non potendo arrabbiarsi con il capo per la decisione presa (il rischio era quello di farlo arrabbiare o peggio di perdere qualcosa sul lavoro), ha riversato tutta la sua rabbia su Marta attraverso frasi ambigue, gentilezze mancate, favori dimenticati, allusioni e così via.

Marta racconta che in seguito a questi atteggiamenti ostili da parte della collega, il loro rapporto non decollò mai veramente e finirono anche per litigare qualche volta.

La collega passivo-aggressiva, dall’alto della mancanza di autoconsapevolezza e di un disturbato esame di realtà, ha continuato a detestare Marta anche molto tempo dopo.

Un altro tratto che caratterizza le persone passivo-aggressive è la bassa autostima.

Probabilmente quando erano piccoli si sono sentiti criticati in modo eccessivo dai genitori, che come sappiamo sono le prime figure di riferimento affettivo e di approvazione che ognuno di noi ha.  Non sono onesti neanche con se stessi e con i loro sentimenti, non hanno mai imparato a prendersi la responsabilità delle loro azioni ed emozioni.

Generalmente, le persone passivo-aggressivo presentano le seguenti caratteristiche:
  • evitano le responsabilità
  • sono ipersensibili alle critiche
  • non sono ricettivi nei confronti dei consigli altrui e spesso agiscono diversamente da come gli era stato suggerito
  • sono caparbi, cupi e pessimisti
  • commentano sarcasticamente sia direttamente che alle spalle della vittima
  • si ingegnano per diventare vittime della situazione
  • fanno in modo che l’altro passi da cattivo
  • temono l’intimità oppure cercano di combattere la dipendenza nonostante siano persone dipendenti
  • colpevolizzano gli altri per i loro fallimenti
  • evitano i conflitti
  • sono gelose del successo altrui
  • sono competitive in modo malsano e inconcludente
  • non mostrano i loro veri sentimenti

L’ostilità nascosta e i tentativi di sabotaggio sono i marchi caratterizzanti delle persone passivo-aggressive, che hanno come scopo quello di sconfiggere il prossimo.

Le persone passivo-aggressive sembrano comportarsi adeguatamente in ogni situazione, ma in realtà mettono in atto atteggiamenti di resistenza passiva, che può essere moderata o estrema.

Nel primo caso spesso si scusano per ciò che non hanno fatto, dimenticato, “capito male” o rispondendo in modo da sminuire l’importanza della cosa.

Nel secondo caso, possono sabotare il successo altrui, boicottare lo svolgimento di un lavoro, mandare a monte piani o risultati.

Le situazioni che possono attivare il comportamento passivo-aggressivo sono per lo più contrassegnate da momenti di performance (ad esempio nel luogo di lavoro) oppure laddove vi sia un bisogno di approvazione sociale: a scuola, nello sport, a casa con moglie/marito, dai genitori, dal gruppo di pari.

COME GESTIRE LE PERSONE AGGRESSIVO-PASSIVE

Cadere nella rete di una persona passivo-aggressivo può essere emotivamente estenuante e frustrante, principalmente perché gli attacchi arrivano in modo imprevedibile e velato.

Un primo passo da fare è quello di imparare a riconoscere i segni di questo disturbo. Secondo, non giustificare il loro comportamento ma fargli notare le loro responsabilità. Sicuramente accettare la persona nel suo disturbo senza essere giudicanti, rabbiosi o adottare comportamenti di controllo e supremazia.

Ecco una lista di suggerimenti:

  • evitare di mettersi in una posizione di sfida
  • non lasciarsi ingannare dalle loro provocazioni o aggressioni velate: voi sembrerete gli aggressori e loro le vittime
  • provare a ribaltare la situazione o a cambiare le carte in tavola
  • parlare in modo calmo e ragionevole in modo da mostragli come si stanno comportando
  • sono abili nel negare ogni parola o azione: questo vi metterà sulla difensiva
  • provare a considerare la situazione dal loro punto di vista

Inoltre si è rivelato di estrema importanza il modo di comunicare.

Secondo Watzlawick (1971) la comunicazione è fatta sia di elementi verbali che non verbali.

Suoni, gesti, sguardi, postura, silenzi ecc. arricchiscono l’interazione tra le persone e consegnano almeno il 70% del vero significato di un messaggio espresso con sole parole.

Comunicare in modo costruttivo può essere la soluzione (o meglio, può agire da deterrente) per gestire al meglio le situazioni conflittuali.

Lo stile comunicativo più efficace per contrastare i conflitti è l’assertività.

Essere assertivi significa saper esprimere le proprie esigenze in modo comprensibile, raggiungere gli obiettivi senza danneggiare gli altri, difendere i propri diritti e spettanze senza mostrare eccessiva ansia e soprattutto saper tollerare la frustrazione (o l’alto carico emotivo) senza sfociare in comportamenti passivo-aggressivi.

Più nello specifico, le tecniche comunicative e relazionali da adottare con le persone passivo-aggressive sono:
  • quando possibile chiedere la loro opinione in merito a una questione (quindi coinvolgerla)
  • mantieni il senso dello humor: se sta provando a buttarti giù in seguito a un tuo errore, il miglior modo per disarmarla è rispondere con una battuta di spirito
  • mettere per iscritto le comunicazioni ufficiali (compiti, responsabilità, scadenze ecc).                                                                        In questo modo la situazione sarà sempre sotto controllo senza possibilità di sabotaggi e confusione
  • nei casi di comportamenti ostili, far notare in modo fermo e deciso quali sono le conseguenze.                                                        Così la persona sarà obbligata a collaborare e cooperare.

Se nessuna delle strategie elencate finora ha portato a buoni risultati o miglioramenti, rimane una cosa da fare:

“Non li puoi cambiare!”

La frustrazione che scaturisce dall’avere a che fare frequentemente con persone passivo-aggressive può sortire effetti nocivi sulla nostra salute.

E’ importante ricordare che il disturbo da comportamento passivo-aggressivo è bene che venga trattato da specialistidella salute mentale, non sta a noi tentare di cambiare la persona per salvarci!

Comunicare in modo efficace e costruttivo e avere fiducia in se stessi: per poter esprimere liberamente i propri pensieri, bisogna innanzitutto credere in noi stessi e nelle nostre capacità e sentirsi apprezzati per ciò che siamo e che facciamo.

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA

https://www.verywellmind.com/what-is-passive-aggressive-behavior-2795481

https://www.psychologytoday.com/us/blog/passive-aggressive-diaries/201011/10-things-passive-aggressive-people-say

https://www.psychologytoday.com/intl/blog/the-superhuman-mind/201611/5-signs-youre-dealing-passive-aggressive-person

https://www.insider.com/how-to-deal-with-passive-aggressive-people-2018-10

https://www.bakadesuyo.com/2017/01/passive-aggressive/

 

Kring A.M. et al. Psicologia clinica, Zanichelli (2013)

Lis A., Stella S., Zavattini G.C. Manuale di psicologia dinamica, Il Mulino (1999)

Lingiardi V., McWilliams N. Manuale diagnostico psicodinamico, Cortina Editore (2018)

Watzlawick P., Beavin J.H., Jackson D.D. Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio editore (1971)

Simona Lauri

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    Simona Lauri
    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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