Urofobia: riconoscere la paura per imparare ad affrontarla
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Urofobia: la paura dei bagni pubblici. Riconoscere la paura per imparare ad affrontarla

A tutti è capitato nella vita di usare, almeno una volta, un bagno pubblico. Oltre alle preoccupazioni prettamente igieniche per posti spesso poco puliti e con odori poco raccomandabili, l’esperienza di andare in bagno separati dagli altri solo da sottili porte di compensato o addirittura fianco a fianco, nel caso degli orinatoi a muro, crea spesso forme di disagio che per molte persone diventano insostenibili.

Urofobia: che cos’è

La studiosa Julie Beck in un lungo articolo sull’Atlantic spiega che ci sono milioni di persone in giro per il mondo che soffrono di urofobia, ossia la paura di fare pipì o, più in generale, in generale di la paura di usare un bagno pubblico, in presenza di altre persone. Accanto ad un’altra particolare forma di ansia, vale a dire la paura di farsela addosso, l’urofobia, dunque, pare essere molto diffusa.

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V), la guida per poter effettuare una diagnosi elaborata dall’Associazione Psichiatrica Americana, classifica l’urofobia all’interno del complesso quadro dei disturbi d’ansia: chi ne è affetto, infatti, va in ansia da prestazione perché teme di essere criticato e giudicato dagli altri mentre va in bagno.

Il problema dell’urofobia è molto diffuso sebbene poco considerato e, sempre secondo Julie Beck che ha studiato approfonditamente il fenomeno, non tutti ne soffrono allo stesso modo. Alcuni provano semplicemente disagio, altri non riescono proprio a sciogliersi e adempiere alle loro funzioni fisiologiche in presenza di altre persone (difficoltà a fare la pipì nei bagni pubblici). Gli urofobici più gravi, per esempio, sono costretti a portarsi in giro un catetere, un tubicino da inserire nell’uretra e che deve essere spinto fino alla vescica, nel caso in cui non riescano a usare un bagno pubblico. Per loro il problema diventa talmente insormontabile da condizionare totalmente la loro esistenza: non escono con gli amici e rinunciano a buona parte della loro vita sociale, o addirittura non si sposano.

Nei casi più gravi, sempre secondo la studiosa, il disturbo può sfociare in una vera e propria fobia sociale e l’individuo può arrivare a sviluppare in concomitanza una paura di uscire e rinuncia anche alla sua vita sociale.

Urofobia: sintomi e caratteristiche

L’urofobia, come tutti i disturbi d’ansia, è caratterizzata per una serie di sintomi e di caratteristiche. In particolare, chi soffre di questo disturbo presenta i seguenti sintomi:

  • Difficoltà a fare pipì e/o impossibilità a urinare o defecare se sono presenti altre persone nelle vicinanze
  • Paura di andare in bagno 
  • Paura di essere troppo lontani da un bagno in caso di necessità
  • Paura di avere un incidente in pubblico e, dunque, paura di sporcarsi
  • Paura che altre persone possano sentire o vedere che si sta usando un bagno
  • Ossessione per la pulizia dei servizi igienici
paurafarselaaddosso

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Entrando maggiormente nel dettaglio del disturbo, possiamo osservare come vi siano due elementi in particolare che caratterizzano l’urofobia: il disagio e la vergogna.

Tutte le persone che si trovano a dover usare un bagno pubblico provano un certo senso di disagio dal momento che entrano in gioco il proprio personale senso di vergogna e di imbarazzo.

Proprio perché l’uso dei bagni pubblici comporta una certa forma di disagio, questi luoghi non sono oggetto frequente di discussione; questa condizione si riflette anche nel contesto accademico dove fino a oggi sono stati realizzati pochi studi sui meccanismi psicologici che si attivano mentre ci si trova in una toilette pubblica.

Urofobia: alcune curiosità

Secondo Nick Haslam, autore del libro Psychology in the Bathroom, iniziamo ad associare la vergogna e la riservatezza ai bagni pubblici già da bambini, quando ci viene insegnato a controllare gli stimoli che arrivano dalla vescica e dall’intestino e veniamo rimproverati se non riusciamo a farlo; impariamo così presto che quel tipo si cose si fanno da soli, isolati dagli altri, perchè ciò che abbiamo prodotto è disgustoso e repellente. Impariamo, in particolare, che, soprattutto per motivi di igiene, è un bene che si impari fin da piccoli ad avere una certa repulsione per i rifiuti che produce il nostro corpo: le società moderne tuttavia si sono spinte oltre creando una sorta di tabù intorno all’argomento.

Se ci fosse la possibilità di parlare più liberamente di queste cose, spiega Haslam, si potrebbero allentare diverse ansie che nascono intorno a questo tema.

Urofobia: alcuni numeri

Diverse ricerche e studi hanno mostrano come l’insorgenza del disturbo si ritrovi in adolescenza.

I report di incidenza e prevalenza, inoltre, suggeriscono che tra il 6,5% e addirittura il 32% della popolazione presenta questa particolare forma d’ansia.

Altre ricerche hanno poi dimostrato questa il disturbo sia maggiormente presente nei maschi rispetto alle femmine. La maggior parte degli uomini affetti da urofobia, inoltre, pare però riesca a sviluppare alcune strategie per poter usufruire dei bagni pubblici in modo da provare meno disagio ed imbarazzo come, ad esempio, servirsi del wc posto il più lontano possibile dalle altre persone.

Urofobia: cause

Non è possibile identificare un’unica causa alla base dell’insorgenza dell’urofobia: essendo un disturbo complesso esso è determinato e influenzato nella sua manifestazione da diversi fattori tra cui esperienze traumatiche del passato e una storia familiare dove in un parente prossimo si è già presentato il disturbo.

Alcuni individui intervistati sulla loro urofobia hanno dichiarato di aver manifestato i sintomi tipici del disturbo in concomitanza di esperienze difficoltose e semi-traumatiche nell’usare i bagni pubblici come, per esempio, l’aver ricevuto pressioni da parte di un’altra persona per essere più tempestivi nell’espletare le proprie funzioni fisiologiche, l’essere stati presi in giro in un bagno pubblico o l’essere stati incapaci di aver prodotto un campione di urina per un esame clinico di laboratorio.

L’urofobia, inoltre, come la maggior parte dei disturbi d’ansia, può essere appresa durante l’infanzia dall’osservazione dei comportamenti di un parente.

Questo succede quando, per esempio, un genitore manifesta apertamente davanti al figlio/a la propria ansia e preoccupazione nell’utilizzare i bagni pubblici così che il bambino/a associa al bagno pubblico un significato di un luogo non sicuro, di un luogo da evitare.

Urofobia e blocco urinario

L’ansia che accompagna il disturbo, infine, indipendentemente dalla sua causa, può influire sulla capacità di urinare. Attraverso una serie di processi fisiologici complessi, infatti, i sentimenti di ansia e paura possono rendere più difficile la minzione, se non addirittura impossibile. Inoltre, l’incapacità ad urinare e l’ansia anticipatoria tipica di questi problemi, possono ulteriormente aumentare l’ansia facendo cadere la persona in un circolo vizioso dal quale risulta difficile uscire senza l’aiuto di un professionista.

Urofobia: possibili trattamenti

L’urofobia, per quanto possa essere generalizzato attraverso sintomi e caratteristiche tipiche, è disturbo unico e specifico e, di conseguenza, un certo tipo di trattamento che può essere utile per una persona potrebbe non esserlo per un’altra; per fortuna esistono oggi diverse possibilità di intervento e trattamento che si dimostrano efficaci.

Urofobia: i trattamenti più comuni

Terapia breve strategica breve: Un tipo di intervento psicologico efficace è la Terapia Breve Strategica. All’interno di questo tipo di trattamento psicologico, una volta definito il problema e le relative tentate soluzioni messe in atto dal soggetto per cercare di fronteggiare il problema stesso, vengono fornite tecniche paradossali, prescrizioni e stratagemmi finalizzate a fornire un nuova “esperienza emozionale correttiva”, ovvero aprire al paziente una nuova “finestra” dalla quale vivere o osservare la realtà. 

Terapia cognitivo-comportamentale. La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) offre diverse evidenze scientifiche circa la sua efficacia nella riduzione dell’urofobia ed è quindi una delle opzioni di trattamento più accettate. La CBT è un approccio focalizzato e a breve termine finalizzato a cambiare pensieri, abitudini e comportamenti inutili per sostituirli con modalità comportamentali e cognitive funzionali. 

Terapia a esposizione graduale. La terapia a esposizione graduale è un trattamento molto comune per i disturbi d’ansia e implica la graduale esposizione del soggetto all’oggetto temuto o alla situazione temuta, all’interno di un contesto sicuro. L’esposizione è graduale, in modo che l’individuo possa affrontare la sua paura attraverso una serie di sfide sempre più difficili, fino a raggiungere l’obiettivo di una risposta non-fobica rispetto alla situazione ansiogena.

Interventi medico-farmacologici. Un numero di farmaci è stato sperimentato per ridurre l’intensità dei sintomi dell’urofobia, sebbene ancora non sia stato trovato quello maggiormente efficace. I farmaci possono essere utilizzati in alcune circostanze, in particolare se l’individuo soffre di una condizione fisica o psicologica aggiuntiva che lo limita nella quotidianità e influisce negativamente sulla sua qualità di vita. I farmaci possono anche essere utilizzati in aggiunta ad altri approcci terapeutici come, per esempio, l’ipnosi.

Ipnosi. In una seduta di ipnosi il terapeuta induce uno stato di profondo rilassamento nel paziente; in questo stato di rilassamento, il cervello può sostituire prontamente pensieri e abitudini indesiderati e aiutare la persona a trovare un nuovo equilibrio.

Tecniche di rilassamento. Le tecniche di rilassamento prevedono un training che porta il soggetto all’apprendimento di tecniche che conducono  rilassamento e calma, riducendo al contempo i sentimenti negativi di stress e ansia. Esistono una varietà di tecniche di rilassamento: tra le più conosciute, tra cui la respirazione profonda, la meditazione consapevole, il rilassamento muscolare progressivo, il tai-chi e lo yoga.

Alcune strategie

Steve Soifer, amministratore delegato dell’Associazione Internazionale dell’Urofobia, spiega che in anni di studio e di lavoro con chi manifesta questo disturbo, è venuto a conoscenza di molte strategie adottate dalle persone per convivere con la loro paura: quella più diffusa è entrare in un bagno pubblico e, se c’è qualcun altro, attendere che se ne vada, prendendo tempo.

Inoltre, secondo Soifer, alcuni semplici accorgimenti su come sono fatti i bagni pubblici potrebbe aiutare: se le singole cabine fossero più isolate, con pannelli che arrivano fino al soffitto, molte persone si sentirebbero meno in imbarazzo. In Giappone, per esempio, dove da tempo sono state adottate diverse soluzioni tecnologiche per migliorare il tempo trascorso in bagno, nei bagni pubblici si trovano di frequente dispositivi che riproducono di continuo il rumore dello sciacquone; questa soluzione permette di mascherare così i rumori che si producono mentre si è chiusi in bagno, rimuovendo qualche imbarazzo.

Conclusioni

Il concetto di privacy legato all’utilizzo del bagno è relativamente recente e risale al diciannovesimo secolo, periodo in cui le migliori condizioni economiche e gli insegnamenti religiosi legati all’umiltà spinsero a portare in una sfera più privata il momento in cui rispondere ai propri bisogni.

Il cambiamento, però, riguardò solamente i bagni delle case private: i bagni pubblici rimasero luoghi progettati per essere occupati simultaneamente da più persone e continuano a esserlo ancora oggi.

I bagni pubblici hanno di solito sistemi molto rudimentali per separare gli spazi del loro effettivo impiego; sono pratici per rendere più rapida e semplice la pulizia degli ambienti, ma non isolano né acusticamente né olfattivamente e questo spiega i diversi comportamenti che tendiamo ad assumere per superare la mancanza di isolamento: più o meno inconsapevolmente ignoriamo o fingiamo di ignorare gli odori e i rumori che sentiamo o che facciamo, perché confidiamo che gli altri facciano altrettanto con noi.

Per alcune persone mettere in atto questi comportamenti può essere molto difficile, tanto da sviluppare un vero e proprio disturbo d’ansia, come quello descritto nel presente articolo.

Esistono diverse strategie che possono essere attuate per cercare di mitigare l’ansia generata dal dover usare un bagno pubblico e oggi sono disponibili diverse forme di trattamento e di intervento per ridurre i sintomi ansiosi e favorire l’utilizzo dei bagni pubblici.

Se avvertite una vera e propria avversione per i bagni pubblici, se non riuscite ad utilizzarli perché vi provocano ansia, vergogna e imbarazzo, non esitate a contattare un professionista che possa aiutarvi ad affrontare e superare questa situazione di blocco per permettervi di vivere normalmente le situazioni della vostra vita quotidiana.

 Fonte

 

http://www.toiletanxiety.org/index.htmlhttp://www.toiletanxiety.org/ta1%20toilet%20anxiety%20and%20relaxation.pdfhttp://www.toiletanxiety.org/ta2%20managing%20toilet%20anxiety.pdfhttp://www.toiletanxiety.org/ta3%20identifing%20unhelpful%20thoughts.pdfhttp://www.toiletanxiety.org/ta4%20challenging%20toilet%20anxiety.pdf

La psicologia dei WC pubblici

 

 

Simona Lauri

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    Simona Lauri
    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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