eterni adolescenti
La premessa è che la sindrome di Peter Pan non è clinicamente riconosciuta dal DSM, rientra tra i disturbi emergenti della nostra epoca, ed è per questo che ancora non vi è una vasta letteratura scientifica a riguardo.
Il più delle volte è estremamente difficile riconoscere una persona affetta da sindrome di Peter Pan in quanto molte caratteristiche possono essere presenti mentre altre no. Per questo motivo sarebbe più corretto parlare di funzionamento di personalità del tipo Peter Pan (FPP in breve).
Questa espressione ci porta all’individuazione di differenze non solo inter-indivuali ma anche di tra i sessi. Quali sono?
Le donne FPP rispetto agli uomini sono in grado di svincolarsi dalla famiglia, lavorare e prendersi cura dei figli. Tuttavia, possono avere dei problemi ad intrattenere lunghe relazioni con gli uomini o al contrario, in seguito a immaturità emotiva sono perennemente alla ricerca di qualcuno che si prenda cura di loro. Si dedicano assiduamente a una vita fatta di vanità e frivolezze. Nel rapporto con le altre donne, le donne FPP tendono ad essere competitive e strumentali. Le loro conversazioni sono sempre molto laconiche, tendenti al pettegolezzo, poco virtuose. Nei confronti delle persone autorevoli hanno la propensione al servilismo e alla lusinga (proprio come le bambine fanno con i loro papà). Frequentemente lasciano i figli in custodia ai genitori per potersi divertire con gli amici.
Gli uomini FPP dal canto loro hanno più difficoltà a prendersi le responsabilità tipiche dell’età adulta, tra cui lavorare, guadagnarsi soldi, rispettare gli impegni, instaurare una relazione seria con una donna. Tuttavia molti di loro riescono a sposarsi e a fare figli ma la loro mente rimane intrappolata in certe abitudini fanciullesche oppure adolescenziali: videogiochi, delega degli impegni, mancanza di progettualità futura, assunzione di alcol e droghe.
La maturità e l’essere adulti assumono significati diversi a seconda della cultura di riferimento. In alcune culture, le persone vivono con le loro famiglie per tutta la vita ed esprimono il passaggio dalla giovinezza all’età adulta sposandosi o formando una famiglia. In altre culture, essere adulti significa essere indipendenti, con un proprio lavoro e una propria casa. In altre culture ancora, vivere separati dalla famiglia è visto come un gesto d’abbandono nei confronti dei vincoli familiari. In breve, il tratto distintivo della degli eterni adolescenti (Sindrome di Peter Pan) non lo ritroviamo nei singoli sintomi quanto in un fallimento nell’adottare le regole socio-culturali che prescrivono i comportamenti tipici dell’essere adulto.
Nel caso delle culture occidentali e individualiste, essere adulti non è solo questione di età ma richiede una certa dose di indipendenza economica, maturità affettiva e socio-relazionale e anche di comportamenti coscienziosi e salutari. L’indipendenza economica prevede che l’individuo abbia un lavoro e si guadagni dei soldi. Nonostante qualche Peter Pan abbia un lavoro, vi sono delle manifestazioni di eterna fanciullezza, che possiamo rintracciare sia nelle donne che negli uomini, tra le quali:
Prima di tutto, è necessario che l’individuo prenda consapevolezza dei sintomi della Sindrome di peter Pan. Una volta riconosciuti questi sintomi, è importante impegnarsi nell’evitamento dei comportamenti immaturi che bloccano l’emancipazione.
Attraverso una graduale costruzione di sicurezza in se stessi e coraggio, si potrebbe cominciare col buttare giù un piano di “obiettivi intelligenti” e aspirazioni stimolanti. Passo dopo passo gli obiettivi diventeranno raggiungibili, a patto che vi siano impegno e duro lavoro.
I genitori (e altre figure adulte autorevoli come gli insegnanti) dovrebbero preparare i giovanissimi al passaggio all’età adulta attraverso l’infusione di sicurezza in se stessi e autostima. Questa è la chiave per poter affrontare un mondo ricco di opportunità ma anche di sfide e difficoltà.
In tutti i casi, l’aiuto di un professionista potrebbe fornire un supporto nel cambiamento interiore e nel superamento di blocchi socio-emozionali che rimandano a più remote situazioni dell’infanzia dell’individuo. Ad esempio, una terapia sistemico-familiare potrebbe rivelarsi di grande utilità. Negli ultimi anni si è rivelata di estrema utilità anche il colloquio motivazionale con gli adolescenti, laddove il giovane più che “curato” viene stimolato, attraverso un dialogo di tipo socratico, a prendere consapevolezza dei propri punti di forza e a riflettere su se stesso e sulle conseguenze dei propri comportamenti (Melani, 2018). Non solo, anche la società in cui viviamo potrebbe trarre beneficio dal comportamento responsabile di una persona che sa quello che vuole e che si rivela produttiva sia nei confronti di se stessa che del mondo in cui vive.
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