L’EFFETTO GHOSTING: PERSONE CHE SPARISCONO ALL’IMPROVVISO - Psicologa Milano - Simona Lauri, Psicoterapeuta e mental trainer

L’EFFETTO GHOSTING: PERSONE CHE SPARISCONO ALL’IMPROVVISO

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ghosting persone che spariscono all'improvviso

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L’effetto Ghosting  PERSONE CHE SPARISCONO PONENDO FINE A UNA RELAZIONE

Il ghosting è un tipo di comportamento molto diffuso nell’ambito delle relazioni interpersonali.

Con questo termine ci riferiamo al fenomeno della sparizione improvvisa di un amico o di un partner sentimentale dopo un periodo di frequentazione: messaggi che rimangono senza risposta, telefonate a vuoto.

Niente, silenzio totale.

La persona in questione è sparita letteralmente dalla faccia della terra.

Di solito per sempre (salvo rari casi di riapparizione improvvisa- questa versione viene definitia zombe-ing).

Sonia racconta:

quando è stata “ghostata” da una compagna di scuola che frequentava spesso nel tempo libero da diversi mesi.

Uscirono insieme un pomeriggio a ridosso della fine della scuola per passare un po’ di ore al campo sportivo e poi in giro a fare una passeggiata.

“Siamo uscite dal campo sportivo e siamo rimaste nella zona a passeggiare a piedi.

All’improvviso è apparso un cane in apparenza minaccioso, sono scappata ridendo e mi sono nascosta vicino al portone di un palazzo là di fronte a noi.

Dopo 5 minuti sono uscita e la mia amica non c’era più.

L’ho cercata per più di 20 minuti, era letteralmente sparita.

Quando ho realizzato che mi aveva piantata in asso, arrabbiata ma anche stranita me ne sono tornata a casa. Non l’ho mai più sentita, né una telefonata, un messaggio.

La scuola era finita e quindi non abbiamo più avuto occasione di incontrarci. Paradossalmente da quel giorno finì anche la nostra amicizia”.

Francesca è arrabbiata.

Racconta di quando un ragazzo che aveva frequentato da giovane, dopo molti anni la ricontatta tramite un social network.

La relazione virtuale va avanti per qualche mese, tra risate, scherzi e racconti di gioventù.

Finalmente decidono di incontrarsi di nuovo dal vivo e di passare una serata in un locale per bere qualcosa.

“E’ stato dolce e premuroso tutta la sera, mi ha detto che stava bene all’idea di stare di nuovo in mia compagnia, mentre mi parlava mi accarezzava la mano.

Quando mi ha riaccompagnato a casa, mi ha dato un bacio sulla bocca e mi ha detto di chiamarlo il giorno dopo intorno alle 19.

Ero al settimo cielo, ho pensato che forse avremmo ricominciato a frequentarci, da persone mature.

Il giorno dopo lo chiamo proprio all’ora da lui suggerita, niente, telefono spento.

Riprovo dopo mezzora, ancora spento. Non l’ho mai più sentito, non ha neanche risposto ai messaggi che gli ho mandato. Svanito nel nulla.”

Vi suona familiare?

A quanti di voi è successo di essere stati improvvisamente abbandonati da una persona che fino a poco tempo prima sembrava interessata?

L’esperienza di essere lasciati di colpo senza una spiegazione è così comune che almeno metà degli uomini e delle donne intervistate hanno ammesso di essere stati “ghostati” e di aver a loro volta “ghostato qualcuno” almeno una volta nella vita.

Il dato interessante è che per quanto possa sembrare una pratica tipicamente maschile, studi sociali dimostrano che anche le donne mettono in atto questo tipo di comportamento, con partner sentimentali e amici.

Nonostante l’attaccamento e il feeling che si viene a creare tra noi e i partner in questione, pare che non sia tanto la perdita dell’altro a causare sofferenza quanto l’interruzione improvvisa della relazione e la conseguente distruzione delle speranze e delle aspettative nell’altro e dei sentimenti positivi inerenti la nostra autostima.

Chi è il ghoster e perché lo fa?

I ghosters sono persone che tendono a evitare il proprio dolore emozionale e non sono capaci di pensare al dolore che causano al prossimo.

Talvolta la sparizione improvvisa è una modalità passivo-aggressiva di relazionarsi con il prossimo.

Probabilmente da bambini sono stati a loro volta abbandonati dalle figure genitoriali oppure trascurati nei loro bisogni emotivi.

Questa mancanza affettiva ha determinato una scarsa sensibilità ed empatia nei confronti dei bisogni affettivi e psicologici altrui.

L’allontanamento improvviso è quindi uno schema comportamentale interiorizzato di evitamento delle situazioni percepite come pesanti, dannose o non più interessanti, tanto più patologico quanto più ripetuto nel tempo e con più persone.

Chiunque potrebbe essere vittima di ghosting almeno una volta nella vita.

Ci sono alcune situazioni sociali che favoriscono questo fenomeno (ad esempio, le relazioni virtuali, dove il contatto fisico è nullo ed è più facile chiudere e sparire senza essere tormentati) e anche persone più propense a sperimentare spesso questo tipo di crudeltà relazionale.

Ad esempio, le persone molto sensibili ed empatiche, oppure che sono rimaste sole per molto tempo o che sono più vulnerabili in seguito ad una recente rottura sentimentale importante.

Quando l’emotività prende il sopravvento, spesso vi è un’incapacità di giudizio lucido e distaccato nei confronti delle nuove relazioni e delle persone.

E quando il ghosting avviene dopo un periodo di frequentazione molto lungo?

In questo caso, vi sono molte variabili di cui tenere conto.

Probabilmente il ghoster è una persona che ha difficoltà a mantenere le relazioni a lungo termine e a fare il salto di qualità.

Non appena la situazione si fa più seria e impegnativa, taglia la corda.

Oppure non sa cosa vuole per sé e per il suo futuro, salta da una relazione all’altra in cerca di qualcosa di impreciso.

Molti esperti di psicologia sociale hanno studiato approfonditamente alcune emozioni che le persone proverebbero in particolari situazioni sociali e relazionali.

Ad esempio, lo psicologo statunitense Leon Festinger (Aronson 2013) ha spiegato che le persone tendono a provare disagio e tormento quando i loro comportamenti non coincidono con i loro valori e convinzioni consuete.

Questo tipo di stato d’animo viene chiamato dissonanza cognitiva, secondo la quale le persone tendono a razionalizzare le  loro azioni allo scopo di preservare una buona immagine di sé.

Ad esempio, io posso far licenziare un  mio collega di lavoro facendo la spia al capo e autoconvincermi che se lo sia meritato (d’altronde, ha già dimenticato due volte di fare la chiusura dei conti a fine turno), giustificando la mia azione che di per sé è ignobile e ha causato sofferenza all’altro.

La dissonanza cognitiva conferisce alla persona un senso di de-responsabilizzazione rispetto all’azione disonorevole e criticabile, additando l’altro (la vittima) come il vero colpevole. In un certo senso, la vittima viene spogliata della sua umanità.

Nel caso del ghosting, la dissonanza cognitiva si esprime secondo la logica del disimpegno morale “se comunico a quella persona le mie intenzioni di chiudere il rapporto, la ferisco e mi sento una brutta persona.

Quindi meglio sparire senza dover dare spiegazioni.

Capirà lo stesso.” In questo modo, la persona che sparisce non solo vive l’illusione di essersi levato un peso senza dover affrontare l’altro, ma percepisce anche un senso di controllo – seppur inconscio- sul rapporto e sulle conseguenze “se non rispondo ai messaggi e alle telefonate, la situazione è tutta nelle mie mani”.

E la persona vittima di ghosting? Si sente esattamente paralizzata e impotente.
Una delle principali reazioni di chi viene inspiegabilmente abbandonato da qualcuno è la vergogna.

Infatti, come sostiene Silvan Tomkins, uno dei maggiori studiosi attuali di emozioni sociali, il nostro cervello reagisce con frustrazione quando viene interrotto nel bel mezzo di un’azione piacevole.

La conseguente rabbia che si prova ci porta a pensare quanto maleducata, infantile e insensibile sia stata quella persona, in modo da preservare la nostra autostima.

Altri studi dimostrano come sia il dolore fisico che quello emozionale condividono le stesse vie neuronali e attivano le stesse regioni cerebrali, anche in caso di situazioni puramente immaginate (Nicoletti, Rumiati 2006).Tuttavia, le giustificazioni che ci diamo non bastano a farci sentire meglio e nel nostro cervello le connessioni che si erano create durante la situazione piacevole non vengono ripristinate.

Ne consegue che l’energia positiva che fluiva nella nostra mente, rimane priva di scarica (verbale e motoria), facendoci rimanere per un certo periodo di tempo con un senso di aggressività repressa.

Il ghosting, da questo punto di vista, blocca la possibilità di elaborare il dolore della separazione risolvendosi in uno spostamento della rabbia verso se stessi.

Le reazioni causate dal ghosting, sono simili in certi aspetti a quelle causate dal lutto.

Lo scenario è difatti molto simile: la sparizione improvvisa e definitiva di una persona alla quale eravamo legati sentimentalmente. Posto che la nostra mente non è preparata ai lutti improvvisi, l’elaborazione del dolore resta lunga è difficile.

Anche Freud, parlando del lutto e della melanconia (Lis 1999) spiega brillantemente come la perdita dell’oggetto d’amore per essere elaborata necessiti di un tempo piuttosto lungo in cui dapprima c’è un graduale investimento sentimentale su ricordi e aspettative legate alla persona amata, poi un’elaborazione secondaria più logica e razionale.

Il lato peggiore della situazione di perdita d’oggetto d’amore è il rischio del senso di colpa che può provare la persona abbandonata che si manifesta nell’enorme massa di domande del tipo “dove ho sbagliato? perché proprio a me?” ecc.

Allo stesso modo il ghosting lascia nella mente della vittima un senso di confusione e stress emotivo legato a una situazione rimasta in sospeso.

Le perdite affettive (non solo relazionali ma anche lavorative ecc.) richiedono una riorganizzazione del Sé in termini di autocontrollo delle proprie emozioni distruttive e di autostima.

Questo può essere particolarmente difficile per le persone molto sensibili le quali possono sentire “mancarsi la terra sotto i piedi” a causa della perdita improvvisa di un riferimento importante della propria vita.

Cosa fare per elaborare e superare il dolore causato dal ghosting

Gli esperti in relazioni interpersonali consigliano in primis di lasciare andare via il fantasma, evitando qualunque tentativo di mettersi in contatto con lui/lei (ad esempio attraverso comportamenti persecutori, appostamenti, minacce ecc.).

Al contrario, una soluzione potrebbe essere quella di fermarsi a pensare se e quanto sia realmente importante quella persona e se ne vale la pena tornarci insieme.

Alcune attività che possono aiutare nello svolgimento di questo delicato processo sono le seguenti:

Accettare il dolore.

Emozioni come la tristezza, la disperazione, la rabbia derivanti dall’abbandono improvviso del partner sono del tutto normali, fanno parte di un processo ancora più grande che riguarda più noi stessi che la persona che ci ha feriti.

E’ un dolore non solo educativo ma anche catartico e curativo.

Parlare con qualcuno.

La talk therapy affonda le sue radici nella psicoanalisi freudiana.

E’ stato dimostrato che dare voce a pensieri e sentimenti parlandone con qualcuno (un terapeuta, un amico fidato, un fratello ecc.) induce dei cambiamenti a livello cerebrale, con conseguente elaborazione del dolore.

Inoltre, si sono rivelati di estrema utilità i gruppi di auto-aiuto (Francescato et al. 2011), già diffusi negli Stati Uniti e che hanno lo scopo di condividere il dolore con altre persone che hanno vissuto esperienze uguali o simili. Sapere di non essere soli ci dà forza, coraggio, benessere e accorcia i tempi di elaborazione del dolore.

Prendersi cura di sé nel corpo e nella mente.

Come dicevo nel primo punto, quel dolore e quella rabbia riguardano noi stessi.

Per quanto possa risultare difficile soprattutto nei primi giorni (o settimane) dell’abbandono, attività quotidiane come mangiare sano, dormire bene e praticare esercizio fisico aiutano nella gestione del dolore psichico.

Yoga, meditazione, cure termali, tenere un diario dove scrivere i propri pensieri, o ancora dedicarsi a un hobby, alla produzione artistica, prendersi  cura di un cucciolo di cane o gatto sono tutte pratiche che riducono la produzione degli ormoni dello stress e modificano perfino alcune vie neuronali deputate al dolore psicologico.

Il movimento è vita e sappiamo anche che “mens sana in corpore sano”.

Lasciare andare e andare oltre.

E’ difficile all’inizio, si sa, ma come dice un vecchio adagio, la miglior cosa da fare quando siamo caduti da cavallo, è rimettersi subito in sella.

E’ normale aver paura di essere nuovamente abbandonati ma ricominciare a frequentare una nuova persona ci farà dimenticare il dolore causato dal fantasma, che rimarrà solo un lontano ricordo.

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA

Miriam Melani

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    Miriam Melani
    Psicologa, Tutor dell'apprendimento. Da anni si occupa di attività disturbi dell'apprendimento (DSA e non), neuroscienze generali.

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