Paura di prendere peso: alcune considerazioni

Paura di prendere peso: alcune riflessioni e sei metodologie per sconfiggerla

paura di prendere peso

paura di prendere peso

La paura di prendere peso sembra rientrare tra le ossessioni dell’epoca moderna. Tendenzialmente, questa paura è molto più diffusa tra le donne magre che tra quelle più in carne. Vediamo in cosa consiste la paura di prendere peso, quali sono le cause e cosa si può fare per ridurre l’ansia che ne deriva e vivere in armonia con il proprio corpo.

UN PO’ DI STORIA DELLA MAGREZZA

Il corpo è sempre stato al centro dei dibattiti religiosi, filosofici e politici di ogni epoca storica. Fulcro delle produzioni pittoriche, motivo di bellezza e amore nella poesia e nelle canzoni….si inneggia alla bellezza del corpo perché è ciò che colpisce e suscita le emozioni più intense e profonde. A volte osannato a volte demonizzato, il corpo ha rappresentato anche il male, il limite, il pericolo. Basti pensare a come molte religioni abbiano da sempre considerato la corporeità e soprattutto l’interesse per il corpo alla stregua di un comportamento immorale e sleale, mentre tutto ciò che è invisibile agli occhi (mente e spirito) decantato come bontà e rettitudine. Oppure pensiamo a come il corpo sia stato oggetto di tortura e punizioni atroci, oppure ancora a come veniva deturpato abusando di sostanze tossiche per comunicare al mondo sofferenza e solitudine.

I valori del corpo hanno da sempre accompagnato il modo in cui veniva considerato il cibo. Ad esempio, in epoca classica grandi quantità di cibo erano simbolo di benessere e ricchezza, l’abbondanza era una condizione di privilegio. Le persone magre erano compatite perché povere e malate.

La condotta alimentare restrittiva quindi può essere mossa da sentimenti religiosi, oppure idee relative al benessere, tutte idee che coinvolgono anche la preoccupazione per il peso, al controllo sull’alimentazione e in senso più ampio all’autostima e al senso di autodisciplina.

Inoltre, a partire dalla metà dell’800 con l’avvento dell’industrializzazione e successivamente della società dei consumi in pieno ‘900, ha portato alla ridefinizione del ruolo della donna nella società. Se prima la famiglia era il perno della società, il cibo e lo stare tutti insieme a tavola erano l’emblema dell’armonia e del benessere, la donna vista come il motore e il collante di una famiglia soddisfatta, produttiva, florida.

Gli anni 60 ed il cambiamento del ruolo della donna

A partire dai primi anni ’60 qualcosa cominciò a cambiare e la donna cominciò ad assumere vari ruoli all’interno della società e della famiglia: non più solo moglie e madre, anche lavoratrice.

Anche il rapporto con il cibo cambiò, rimanendo sì una fonte indiscutibile di benessere, ma un benessere controllato, un benessere su misura, specchio dei gusti, degli ideali e delle aspirazione di ogni singola persona.

Di pari passo al cambiamento della considerazione del cibo e del modus alimentandi, si è fatta sempre più strada la cultura dello sport come strumento di modellazione della forma corporea e del mantenimento di uno stato ottimale di salute. Anche l’uso degli integratori come potenziamento dello status di salute e prevenzione di scompensi futuri ha contribuito ad arricchire il quadro psico-culturale dell’era moderna.

Restrizione alimentare e paura di prendere peso

La restrizione alimentare quale caratteristica cardine dell’anoressia nervosa è diventato un problema psichiatrico negli anni ’80.

magrezza

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La restrizione alimentare non va però confusa con la paura di prendere peso; la restrizione ascetica infatti è caratteristica cardine dell’anoressia nervosa, disturbo che vede l’individuo che ne è affetto coinvolto in una “lotta che ingaggia contro il proprio desiderio naturale di nutrirsi” (Treasure et al. 2006), quasi come effetto di una percezione distorta degli stimoli che provengono dal proprio corpo. Chi attua restrizioni severe fino a praticare il digiuno ha la sensazione di avere il pieno controllo di Sé e della sua vita.

La paura di ingrassare è molto diffusa tra le persone che non hanno problemi di peso.

Il racconto di Martina

“Sono sempre stata magra, non ho mai fatto una dieta per perdere peso, ho sempre mangiato di tutto….a periodi avevo più fame a periodi ne avevo meno. Mi accorsi però che c’era qualcosa che non andava nel mio comportamento alimentare, perché appena mangiavo qualcosa, qualunque cosa, era come se sentissi il cibo finirmi diretto nei finchi e nelle gambe….dopo aver mangiato non volevo neanche alzarmi da tavola perché avevo la convinzione che anche gli altri si accorgessero di qualcosa in più nelle mie gambe. Riflettendo su questo mio comportamento, mi accorsi che la mia vera ossessione erano le piccole imperfezioni. Volevo essere liscia e perfetta. Nè troppo magra né troppo grossa. Avevo un bella silouhette ma quel poco di cellulite che avevo mi infastidiva. Allora cominciai a controllare zuccheri, grassi e sale. Andavo a camminare e facevo un po’ di attività fisica….mi guardavo allo specchio e mi fissavo sulle piccole imperfezioni e così continuavo con il mio comportamento di controllo eccessivo di ciò che ingerivo. Non riuscivo più ad uscire da quel circolo vizioso: sport, controllo dei nutrienti, soldi spesi per creme, integratori e trattamenti vari. Avevo bisogno di sentirmi perfetta.”

Il virus della perfezione

Il caso di Martina è chiaramente una paura ossessiva di prendere peso. Il fatto curioso è che sapeva che non sarebbe ingrassata, ma pur di rimanere perfetta, o almeno di sentirsi tale, attuava un continuo e ripetitivo monitoraggio di ciò che mangiava e della sua forma fisica.

Quali sono le conseguenze negative che le persone temono di più quando si tratta di prendere peso?

1 rifiuto sociale

2 body shaming

3 deriderti alle spalle

4 non trovare un partner che sia innamorato

5 essere lasciati dal partner

6 ammalarsi (diabete, colesterolo, circolazione venosa…)

7 sentirsi poco femminile o poco maschile

8 sensazione di essere facilmente attaccabili dagli altri

Se vi riconoscete in almeno due di queste motivazioni, la vostra paura di prendere peso potrebbe diventare un disturbo da non sottovalutare.

La paura di prendere peso, come nel caso di Martina, spesso colpisce persone che hanno sempre tratto soddisfazione dal loro corpo. Quando arriva un peggioramento, come in seguito ad una gravidanza, una lunga convalescenza o malattia, queste persone sentono di aver perso la gioia della loro vita. Un po’ come una celebrità che dopo un periodo più o meno lungo perde notorietà e non suscita più grande interesse nel mondo dello spettacolo e cade in una profonda depressione.

In un certo senso, la paura di perdere peso è sintomo di una schiavitù della propria immagine. E’ bello far parlare di noi in modo positivo, suscitare invidia e gelosia, essere emulati, guardarsi allo specchio e piacersi. Questo oggi vale anche per gli uomini, anch’essi condizionati da modelli di bellezza e benessere in voga.

La paura di ingrassare, come tutte le fobie, è un disturbo d’ansia. E’ più diffuso tra le donne a partire dalla tarda adolescenza ma oggi si riscontra anche tra i maschi.

Uno dei segnali (sintomi) più evidenti della paura di prendere peso è l’evitamento: di zuccheri, di sale, di quantità. Se non riconosciuto e trattato in tempo, l’ossessione per il peso può diventare un vero e proprio disturbo.

Vediamo cosa succede nel cervello

La risposta da stress è data da stimoli ritenuti minacciosi. La minaccia in questo caso è rappresentata dal cibo. Quando la minaccia è ritenuta altamente pericolosa per la sopravvivenza dell’individuo, si mettono in atto alcuni comportamenti pressoché automatici:

  • evitamento dello stimolo fobigeno
  • aumento della vigilanza e dell’attenzione
  • maggiore attivazione del sistema nervoso autonomo
  • rilascio di cortisolo

La struttura cerebrale implicata nell’acquisizione della paura condizionata è l’amigdala: questa a sua volta ha numerose connessione con altre aree del cervello le cui componenti cognitive, emozionali, comportamentali, a seconda del contesto e delle caratteristiche del soggetto, andranno ad attivare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Anche l’ippocampo ha un ruolo imprtante, in quanto sede di recettori glucocorticoidei sensibili alla circolazione del cortisolo (che sappiamo essere rilasciato in caso di stress). Alcuni studi scientifici hanno individuato nei disturbi d’ansia

  • iperattività dell’amigdala
  • ridotta attività dell’ippocampo
  • iperattività del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene

Nella seguente figura le vie di regolazione dello stress:

stress

stress

In caso di controllo eccessivo e adozione di comportamenti mirati ( come l’evitamento oppure il controllo delle quantità di cibo), le strutture coinvolte risultano essere

  • la corteccia prefrontale dorsolaterale e orbitofrontale (la prima implicata nella pianificazione strategica, memoria di lavoro, flessibilità di pensiero, la seconda detta anche sede della condotta sociale)
  • gangli della base ( apprendimento motorio, apprendimento di abitudini, movimento oculare, cognizioni ed emozioni)
  • striato ( che si attiva in seguito a stimoli intensi, inattesi, avversativi e di ricompensa)
  • talamo (partecipa alle reazioni emotive, al ciclo sonno-veglia, stato di coscienza e percezione visiva)

Nell’attivazione o ipoattivazione di queste aree, vi è la diffusione, che può essere aumentata o ridotta dei principali neurotrasmettitori come la serotonina, la noradrenalina e la dopamina.

Come sappiamo cervello e mente sono collegati. L’attivazione o meno di questi circuiti cerebrali ha a che fare con attività cognitive che stanno alla base delle credenze e dei comportamenti adottati dalle persone affette dalla paura di prendere peso.

Alcuni studi hanno dimostrato come il non voler ingrassare ( o il tentativo di perdere peso) non è tanto finalizzata a evitare il corpo grasso quanto a sentirsi bene con se stessi e realizzati. Infatti, nei casi di anoressia nervosa, è proprio il senso di padronanza e autocontrollo che fa star bene la persona, non tanto il vedersi eccessivamente magra.

Le persone quindi usano come metro di valutazione di sé la capacità di controllare e fare qualcosa per mantenere rigore, autodisciplina, senso di autoefficacia, benessere psicofisico. In quest’ottica, la magrezza è solo una caratteristica lungo un continuum che possiamo rappresentare in questo modo

benessere psicofisico(forma fisica ideale)—–peggioramento—–(forma fisica imperfetta) distress/malessere

cioè, la forma fisica ideale è soggettiva, per cui per una persona 60 kg sono troppi per un’altra quello che conta non è tanto essere magri quanto muscolosi, senza cellulite ecc. Come afferma la  famosa scrittrice americana Roxanne Gay, che da giovane lottò contro il sovrappeso, decidendo poi di abbandonare la battaglia e accettare se stessa:

“Non sono la stessa ragazzina spaventata che ero. Ho lasciato entrare le persone giuste. Ho trovato la mia voce. Sto imparando a dare meno importanza all’opinione altrui. Sto imparando che la misura della mia felicità non è dimagrire ma, piuttosto, stare meglio nel mio corpo” (2018, p.266)

La dismorfofobia

La paura di prendere peso la troviamo spesso associata a un altro disturbo che colpisce uomini e donne nello stesso modo e che riguarda la percezione della forma del proprio corpo: la dismorfia corporea (talvolta chiamata anche dismorfofobia).

La dismorfia corporea è un disturbo della percezione del proprio corpo per un’errata elaborazione degli stimoli visivi. Lo troviamo in comorbidità con il disturbo ossessivo-compulsivo, incisivo anche il fattore ereditario. Nella dismorfia corporea i dettagli anche insignificanti vengono ingigantiti e vissuti con angoscia e talvolta con terrore. Guardarsi allo specchio e vedersi le gambe grosse nonostante il peso sia sotto i 55 kg per 1.67m di altezza, vedere il proprio volto asimmetrico e più piacevole da un lato piuttosto che dell’altro, provare terrore nel guardare la propria immagine riflessa oppure in fotografia, fissarsi su piccole imperfezioni e adottare comportamenti di camuffamento fino ad arrivare ad un vero e proprio isolamento sociale, sono solo alcuni dei sintomi della dismorfia corporea. L’idea ossessiva dell’imperfezione percepita rimane attiva nella mente anche quando non ci vediamo direttamente.

La fissazione sui dettagli è una delle cause (ma anche conseguenza) di un tentato raggiungimento della perfezione. Giorgio Nardone, nel suo libro Oltre i limiti della paura racconta di un paziente di bell’aspetto che convinto di essere pieno di difetti nel volto, aveva spesso più di 30,000 euro in interventi di chirurgia estetica. La più grande paura di questo paziente era quella di essere rifiutato dalle donne.

Controllare l’alimentazione e il peso corporeo è quindi uno strumento di valutazione di sé: la capacità di controllare e fare qualcosa per mantenere rigore, autodisciplina, senso di autoefficacia, benessere, evitare peggioramenti, sentirsi e sembrare longevi.

Come vedremo più avanti, quest’atteggiamento mentale è alla base di molti programmi terapeutici mirati a ridurre il distress causato dall’ansia di prendere peso.

VIVERE SENZA ANSIA? CERTO CHE SI PUO’! LE TECNICHE SONO TANTE

Quello che proponiamo è una serie di pratiche che possono aiutare le persone con la paura di prendere peso. L’ideale sarebbe alternarle per ottenere effetti più completi e soddisfacenti.

  • Rational emotive therapy (RET), fu realizzata da Albert Elliss negli anni ’50, che sottolinea il peso degli errori che si compiono quando si costruisce mentalmente una realtà che poi influisce sulle nostre e mozioni e sui nostri comportamenti. Le credenze erronee vengono abolite per sostituirle con altre più realistiche e positive. Si pratica con l’aiuto di un terapeuta specializzato e la durata del trattamento può richiedere qualche mese.
  • Programmazione neurolinuistica (PNL), di origine americana è una terapia comportamentale che mira a cercare le risorse che una persona ha in sé e di cui non è consapevole, ed usarle per risolvere i problemi. In campo terapeutico di fondamentale importanza risultano il sistema neurologico e il linguaggio, lavorando su tutti i canali sensoriali (visivo, uditivo, cinestetico ecc) per strutturare l’esperienza. Il risultato è una maggiore consapevolezza e controllo dei propri processi di pensiero.
  • Bioenergetica, che vanta la caratteristica di essere altamente personalizzabile. E’ una teria psicocorporea elaborata da Lowen secondo al quale nel nostro corpo vi sono sette punti energetici dove a volte l’energia si blocca, ristagna e ci crea problemi anche a livello psichico. Ad esempio, un blocco nella zona addominale determina la tendenza a trattenere le emozioni più dolorose, così come un blocco cervicale la tendenza a soffocaree la rabbia e la voglia di piangere. Secondo Lowen, il modo in cui il nostro corpo sta (rigido, morbido, teso, evitante ecc) determina un determinato tipo di persona. Ad esempio il tipo rigido, nonostante la buona struttura fisica, può essere soggetto a stiramenti e dondolii. La terapia necessita di un terapeuta specializzato che atrraverso esercizi e massaggi  ripristina il flusso energetico. Tra questi ricordiamo vibrazione delle gambe, oscillazione del bacino, respirazione addominale.
  • Vivation, tecnica californiana degli anni ’80, è un tipo di meditazione ad approccio corporeo. Prevede una respirazione circolare e profonda senza pause in modo da creare onde che portano sollievo e rilassamento. Lo scopo è liberare le emozioni represse e affermare la propria autostima
  • Hatha yoga, la più diffusa in occidente, tecnica psicocorporea che mira alla consapevolezza del proprio corpo attraverso il respiro controllato e le posizioni da tenere per qualche minuto. I risultati nel tempo sono: equilibrio, resistenza psicofisica, elasticità, senso di stabilità (grounding), riduzione dell’ansia, calma mentale, unione con se stessi e con il mondo
  • Mentastica detta anche ginnastica che sfrutta la mente. Il presupposto di questa tecnica è che qualunque fastidio, problema o dolore fisico è da addebitare alla mente. Attraverso alcuni esercizi fisici si crea un’esperienza positiva e totalizzante

L’ansia e l’angoscia sappiamo che sono scatenate da eventi di cui abbiamo paura, minacce che il più delle volte sono immaginate o vagamente percepite. Ma se è vero che lo scopo che vogliamo raggiungere è mantenere un peso forma ideale (personale), dobbiamo riflettere su cosa è più importante per noi (senza pensare agli standard culturali o ai pensieri altrui, che dopo un po’ se li porta via il vento) e cosa possiamo fare per non cadere nella confusione.

 Un’idea potrebbe essere quella di fissarsi obiettivi a cadenza settimanale, per esempio tre volte a settimana, una tabella di marcia in cui un giorno ci concediamo qualche golosità e il giorno dopo lavoriamo per ripristinare l’equilibrio, ad esempio attraverso un’attività fisica leggera.

Per la nostra mente sapere di poter godere sia della rilassatezza che della disciplina, è un vero toccasana! In questo modo risulta più facile mantenere il senso di autoefficacia e raggiungere gli obiettivi nel medio-lungo termine senza pesanti sacrifici e logoranti angosce.

 

 

FONTI

https://www.psychologytoday.com/us/blog/eating-disorder-recovery/201910/why-are-you-anxious-about-gaining-weight

Gay R. Fame. Storia del mio corpo, Einaudi 2018

Lippi D. Verdi L. Storia della magrezza. Corpo, mente e anoressia. Explora,  2009

Nardone G. Oltre i limiti della paura, Rizzoli 2000

Razzoli D. Bortolato C. Vivere senza ansia, Edizioni Red! 2003

Treasure J., Schmidt U., van Furth E. I disturbi dell’alimentazione, Il mulino, 2006

Simona Lauri

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    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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