COMANDO IO!  IL CONTROLLO TRA BISOGNO E MANIA - Psicologa Milano - Simona Lauri, Psicoterapeuta e mental trainer

COMANDO IO!  IL CONTROLLO TRA BISOGNO E MANIA

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COMANDO IO!  IL CONTROLLO TRA BISOGNO E MANIA

Il rispetto è la chiave che apre tutte le porte”. Antonio Cuomo

Il controllo è una reazione tipica alla paura della perdita del controllo.

Le persone che attuano questo tipo di comportamento sono terrorizzate dall’idea di ritrovarsi alla mercé degli altri e per questo motivo, di sentirsi inadeguati e inferiori.

Vediamo nello specifico da dove nasce questa paura , quali sono i sintomi e i sottotipi e cosa si può fare per vivere con serenità i rapporti con gli altri.

ORIGINE  E CARATTERISTICHE DEL DISTURBO

Solitamente le persone che hanno bisogno di esercitare un controllo continuo sugli altri e sulle situazioni, hanno subito eventi traumatici più o meno lontani che gli hanno lasciato un senso di vulnerabilità, impotenza e debolezza.

Esperienze di abuso psicologico e trascuratezza nell’infanzia e nell’adolescenza per esempio possono aver inciso nella memoria emozioni negative mai elaborate come frustrazione e paura.

Non solo, anche ambienti familiari altamente competitivi possono aver instillato nell’individuo la sensazione che per farsi notare o valere bisogna essere disposti a tutto, anche rendere difficile la vita agli altri.

Il disturbo da ipercontrollo può essere spiegato alla luce di varie teorie.

Secondo Freud (Lis et al.1999) l’individuo affronta uno sviluppo psicosessuale suddiviso in fasi fondamentali (orale, anale, fallica, di latenza e genitale).

Quando il bambino impara il controllo degli sfinteri (fse anale, attorno ai 3 anni) si ritrova a gestire una situazione del tipo dare/avere, rilasciare/trattenere.

Le feci sono viste come qualcosa da eliminare oppure da possedere e controllare (quando il bambino trattiene e controlla, secondo Freud, prova una sorta di piacere).

Se vi è una fissazione a questa fase dello sviluppo, cioè, se il passaggio allo stadio successivo è bloccato o rallentato, il futuro adulto potrebbe presentare le caratteristiche della personalità anale.

Gli psicoanalisti più moderni descrivono infatti le persone avide, controllanti,  parsimoniose, testarde, perfezioniste proprio come personalità anali, ma anche gli esatti opposti (troppo spendaccioni, molto disordinati, che non conservano niente e così via).

Gli psicoanalisti post-freudiani invece guardano al disturbo da controllo da una prospettiva più relazionale, a partire dal rapporto madre-bambino piccolo.

Ad esempio. Una madre poco responsiva ai bisogni (fisici e psicologici) del bambino, oppure che trasmette emozioni negative attraverso dimostrazioni vocali o facciali, può favorire nel bambino l’instaurarsi di un falso Sé, un Sè poco autentico e spontaneo che contiene tutte le rappresentazioni cattive del genitore, talvolta identificandosi con esso.

Una madre ipervigilante, anaffettiva, perfezionista, capace di barattare il proprio affetto con i successi che il figlio raggiunge, può causare in esso forte stress e tensione, paura, bassa autostima e talvolta anedonia.

Non sempre però il comportamento perfezionista-controllante origina da rapporti disfunzionali.

Studi longiturìdinali condotti su famiglie americane hanno dimostrato che anche genitori troppo indulgenti, permissivi, che soddisfano ogni desiderio del bambino nell’immediato, che non puniscono mai, creano figli-imperatori.

Da adulti, questi figli-imperatori non mostreranno molta empatia nei confronti dei bisogni e delle mancanze degli altri; penseranno che tutto gli sia dovuto, che si meritano sempre di più e di meglio.

Per loro, controllare minuziosamente tutto ciò che fanno e che fanno gli altri equivale al consenso e alla buona riuscita.

In sintesi possiamo dire che le manie di controllo possono originare da due fonti: una affettivamente negativa, l’altra affettivamente buona.

In base alla qualità degli affetti e dei comportamenti genitoriali, la mania di controllo può essere sofferta oppure vissuta come garanzia di benessere.

Nel primo caso, gli ipercontrollanti avranno una vita poco appagante, sia dal punto di vista relazionale che lavorativo.

Nel secondo caso il controllo perfezionistico può creare individui competenti e efficienti.

Ma cosa succede nella nostra mente quando iper-controlliamo?

La psicologia cognitiva (Nicoletti, Rumiati 2006) spiega il controllo come una caratteristica del ragionamento logico e degli errori che portano, inconsciamente, a conclusioni valide da un punto di vista logico ma non veritiere da un punto di vista pragmatico.

Lo schema di ragionamento di cui parliamo è del tipo

                                                                                  se p allora q

                                                                                           p

                                                                                     allora q

un ragionamento di questo tipo può portare a una conclusione valida ma errata, come si riscontra spesso nei pazienti con pensieri negativi

se non finisco questo lavoro entro oggi allora non sono un bravo professionista

                                                                                                non finisco il lavoro oggi

                                                                                      non sono un bravo professionista

come possiamo notare da un ragionamento del genere, la credenza di una persona può instillare schemi di ragionamento rigidi e profondamente radicati. Aaron Beck sosteneva infatti che le persone depresse hanno convinzioni negative su di sé, sul mondo e sul futuro.

I pensieri negativi causano emozioni dolorose e comportamenti disfunzionali secondo un ciclo perpetuo

Un pensiero può scatenare un’emozione negativa ma anche il contrario.

Ad esempio, un lavoratore controllante potrebbe partire da una sensazione molto forte di disagio (non ama lavorare in compagnia) e per ridurre la tensione mette in atto comportamenti di controllo non potendo “eliminare” il problema della compagnia indesiderata.

Sembrerebbe che gli adulti, nella vita di tutti i giorni, siano abituati a ricercare gli elementi di conferma alle proprie ipotesi (soprattutto se l’esito è positivo e favorevole per il soggetto), diventando progressivamente meno sensibili agli aspetti negativi di una situazione o di una persona.

Come sostengono alcuni autori (Canestrari, Godino 2007) “un meccanismo fondamentale degli errori osservabili nel pensiero quotidiano deriva quindi dalla tendenza alla rigidità (p. 180).

Anche la biologia ha contribuito in modo significativo all’individuazione di fattori neurobiologici che influiscono sul comportamento ipercontrollante.

Da un punto di vista strutturale, studi di neuroimaging funzionale hanno rilevato un’iperattivazione di alcune aree quali l’insula, i gangli della base e la corteccia parietale, coinvolte nell’elaborazione emozionale. Interessante è stata l’osservazione che soggetti clinici con ossessioni e tendenza al disgusto, hanno una maggiore attività non solo nelle suddette aree, ma anche nella corteccia pre-frontale ed orbito-frontale e nell’ippocampo, aree coinvolte nella memoria di lavoro, presa di decisioni, pianificazione, inibizione di comportamenti impulsivi/dannosi, apprendimento di nuove esperienze, previsione delle conseguenze delle proprie azioni.

Inoltre, i soggetti con manie e ossessioni tendono ad essere più sensibili alla sensazione di colpa morale, dovuta a regole rigidamente interiorizzate e ad un Super-Io severo con se stesso e con gli altri.

I neurotrasmettitori coinvolti nel funzionamento neuronale di tutte queste aree sono principalmente la serotonina (detta anche ormone della serenità) e la dopamina, coinvolta nei meccanismi di gratificazione e ricompensa.

Tanto per fare un esempio, un individuo controllante allevia la tensione ipercontrollando (sensazione di benessere-serotonina), ne trae un vantaggio-ricompensa con altissima probabilità di ripetere il comportamento (dopamina-rinforzo).

Il problema del controllo, può essere quindi connesso a:
  • esperienze di abusi psicologici ed emotivi
  •  scarsa fiducia (in sé e negli altri)
  • ansia
  •  terrore dell’abbandono
  • bassa autostima
  •  credenze e valori di una persona
  •  perfezionismo e paura del fallimento
  • sensibilità emotiva e paura di sperimentare emozioni dolorose
  •  intolleranza nei confronti della diversità
  • raccontare menzogne su di sé per esercitare un controllo sull’altro
Secondo il Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-V), il problema del controllo rientra nel quadro del Disturbo di Personalità Ossessivo-Compulsivo, secondo i seguenti requisiti:
  • Eccessiva coscienziosità, meticolosità e inflessibilità per quanto riguarda le questioni ed i valori etici e morali
  • Riluttanza a delegare o a lavorare con altre persone a meno che queste persone non decidano di fare le cose esattamente        come i pazienti vogliono
  •  Rigidità e testardaggine
  • i sintomi devono avere inizio nella prima età adulta.
  •  Preoccupazione per dettagli, regole, programmi, organizzazione ed elenchi
  • esordio del disturbo nella prima età adulta (2014)
Come si può riconoscere un individuo con manie di controllo?
Che tipo di comportamenti mette in atto?

Se non sai fare gioco di squadra, se pensi di essere responsabile al 100% del tuo successo, se investi tempo ed energie nel tentativo di cambiare gli altri, se non deleghi mai e se consideri gli errori altrui come segno di stupidità, allora fai parte del club dei “mostri del controllo”!

Sicuramente ci sono molti modi in cui la mania di controllo si può esprimere, questo significa che non tutti i sintomi sono presenti in tutte le persone affette dal disturbo.

Ad esempio, impedire al partner o a un amico o a un collega di vedere o parlare con determinate persone, essere scorretti e disonesti, gaslighting (una forma di manipolazione maligna che instilla nell’altro il dubbio sulla sua stessa memoria o percezione degli eventi), abusare fisicamente o psicologicamente, schernire, bullizzare, fare allusioni e così via.

Per quanto riguarda il controllo di sé e delle situazioni possiamo ritrovare alimentazione disordinata, esercizio fisico eccessivo, autolesionismo, abuso di sostanze (alcol, sigarette ecc), pulire e sistemare in modo ripetitivo e compulsivo, osservare e criticare continuamente l’operato altrui fino a manifestare sentimenti di disprezzo e intolleranza.

ALCUNI ESEMPI TRATTI DA STORIE VERE
Giada ha 34 anni.

Viene assunta come commessa in un negozio di recente apertura.

Poco prima di lei, erano state assunte altre due commesse, una delle quali sin dal primo giorno dell’arrivo di Giada aveva cominciato a esercitare comportamenti di potere su di lei.

Giada si ricorda di quando questa collega, durante la loro prima conversazione, mentì sul suo ruolo all’interno del negozio “sai, io qui ho un contratto a tempo indeterminato….”. La sera stessa, durante la chiusura del negozio, la collega chiedeva a Giada di spegnere le luci, di sistemare gli ultimi oggetti a scaffale e di spazzare il pavimento.

Qualche giorno dopo, durante una visita della responsabile del negozio, Giada scoprì che la sua collega doveva ancora firmare il contratto di lavoro, in tutto e per tutto uguale al suo.

Con grande stupore, scoprì che era stata assunta dieci giorni prima!

Fu in quel momento che Giada capì che aveva a che fare con una persona che voleva esercitare un controllo e un potere su di lei, creando una gerarchia che di fatto non esisteva.

 

Beatrice è una giovane mamma di 38 anni.

Durante un periodo molto cupo della sua vita in seguito alla perdita del lavoro, trovò una sistemazione temporanea da un’anziana che viveva da sola, accudita da una badante negli orari dei pasti.

Le prime settimane all’interno della casa, sembravano scorrere serenamente fino a quando la badante non cominciò a commentare con fare di rimprovero alcune piccole “dimenticanze” di Beatrice (qualche piatto nel lavandino, qualche briciola sul tavolo e così via) fino ad arrivare a mettere in atto comportamenti persecutori (foto fatte di nascosto, critiche ai vicini di casa, biasimi connotati di eccessiva moralità, false accuse).

Daniele ha 23 anni e frequenta l’ultimo anno della facoltà di giurisprudenza.

Non vuole fare l’avvocato, forse non vuole neanche lavorare nel campo del diritto, ma si compiace all’idea di fare felice la madre.

Ha un fratello poco più grande che vive a Londra, un padre spesso assente per motivi di lavoro; lamenta spesso l’ipercontrollo e l’apprensione eccessiva della madre: telefonate continue a lui e agli amici per assicurarsi che vada tutto bene….quando Daniele torna a casa trova spesso la madre seduta sul divano da sola con la sigaretta in mano e la tv spenta….in casa è sempre tutto perfettamente pulito….sta pensando di andare all’estero come suo fratello dopo la laurea, ha bisogno di sentirsi libero e rilassato.

Quanti di voi hanno vissuto o rivisto in altri situazioni del genere? Cosa si può fare per liberarsi dalle catene del controllo maniacale?

Il primo passo fondamentale da compiere è quello di capire quali sono i vostri reali reali bisogni.

Avete mai sentito parlare della Piramide dei Bisogni di Maslow?

Il fine ultimo della nostra esistenza, secondo Maslow, è l’utorealizzazione intesa sia come bisogno che come scopo.

L’autorealizzazione racchiude tutto ciò che dà benessere e appagamento interiore ed esteriore: autostima, consapevolezza di sé, accettazione, creatività, un sistema morale solido, capacità di giudizio e decisione.

Sulla scia di Maslow, il famoso life coach americano Tony Robbins specifica che vi sono 6 bisogni umani fondamentali:

  • sicurezza e protezione (dalla sofferenza, dal dolore, economica…)
  • cambiamento (nuovi stimoli, amore per il sapere, imparare cose nuove….)
  • sensazione di importanza e unicità (sentirsi utili, speciali…)
  • legame/amore (un forte sentimento di connessione, vicinanza e intimità)
  • crescita (interiore, professionale, morale)
  • fare la differenza (offrire il proprio aiuto, contributo ecc)
Noi prendiamo le nostre decisioni e modelliamo i nostri comportamenti sulla base di questi sei bisogni.

Naturalmente questi bisogni non hanno per tutti la stessa priorità: per me potrebbe essere di primaria importanza il primo oppure il sesto, per voi?

Riconoscere le nostre priorità significa dare valore alla nostra esistenza.

Possiamo realmente ottenerla con il controllo maniacale?

Siamo sicuri di poter controllare tutto? Di prevedere ogni singolo evento? Che non ci sia possibilità di commettere un errore?

Sempre secondo Ropbbins, un esercizio molto valido è quello di fare brainstorming.

Si comincia col porsi delle domande alle quali bisogna rispondere in modo preciso e sincero.

Ad esempio. Di cosa ho paura? Perché questa situazione mi fa sentire nervoso?

Le risposte devono essere come idee libere da pregiudizi, sfruttando la creatività , pensando a possibili alternative e giungere alla soluzione del problema.  

Una vera e propria pioggia di idee e soluzioni (salutari ovviamente!)

Da un punto di vista più fisico, si sono rivelate utili attività ansiolitiche come il nuoto, la camminata sportiva nella natura, il ballo, lo hatha yoga e le tecniche di rilassamento che implicano una mente sgombra e consapevole, l’arteterapia.

Tutte queste attività favoriscono una buona neuroregolazione di serotonina e dopamina.

Cosa fare se invece siamo se siamo nelle grinfie di un maniaco del controllo?

Ecco alcuni suggerimenti:

  • passa con loro meno tempo possibile. Per quanto non sempre questo siab possibile fisicamente, possiamo adottare strategie per creare una distanza psicologica (ad esempio non raccontare tutto ciò che si fa o si pensa)
  • usa il linguaggio del corpo : sii preciso e diretto usando l’assertività e la fermezza.
  • Ricorda sempre il motivo per cui controllano: spesso lo fanno per paura, paranoia, insicurezza o per caratteristiche di personalità.
  • Impara a dire NO. Le persone controllanti spesso appaiono energiche, carismatiche e persuasive. Focalizzati sul tuo bisogno o vantaggio: è necessario che tu faccia quella cosa? Quel cambiamento? Quella scelta? Impara a dire no senza doverti giustificare o chiedere scusa.
  • Lavora sulla tua autostima e sicurezza. Se a causa di qualcuno ti senti stressato e abbattuto, è arrivato il momento di prendere consapevolezza dei propri punti di forza e dei propri reali bisogni. La manipolazione della persona controllante potrebbe indurti a pensare di non farcela da solo, che non hai le capacità, che vali poco. La colpa è un potente strumento di controllo, non dimentichiamocelo!
  • Trova un alleato. Un amico, un parente, un terapeuta con cui sfogarsi e che ti dia sostegno e coraggio. Le persone controllanti trovano terreno fertile quando le persone da controllare si mostrano fragili e vulnerabili.

BIBLIOGRAFIA

https://www.goodtherapy.org/learn-about-therapy/issues/control-issues

https://sharonmartincounseling.com/stop-being-a-control-freak-counseling-san-jose/

https://www.tonyrobbins.com/mind-meaning/do-you-need-to-feel-significant/

Canestrari R., Godino A. La psicologia scientifica. Nuovo trattato di psicologia. CluebEconomica 2007

Nicoletti R. Rumiati R. I processi cognitivi, Il Mulino 2006

Mtui E., Gruener G., Dockery P. Neuroanatomia, con riferimenti funzionali e clinici, Elsevier 2017

 

Miriam Melani

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    Miriam Melani
    Psicologa, Tutor dell'apprendimento. Da anni si occupa di attività disturbi dell'apprendimento (DSA e non), neuroscienze generali.

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