DIPENDENZA AFFETTIVA: LA RELAZIONE CHE ANNULLA SE STESSI
Tutti gli esseri umani hanno la necessità di stare in relazionale con gli altri che diventa essenziale per la propria vita e per la propria sopravvivenza, psichica e non solo. Alla nascita i neonati sono completamente dipendenti dalle figure genitoriali per la loro sopravvivenza e per il bisogno di protezione: la relazione in questi termini è un bisogno primario dell’essere umano.
Siamo tutti un pò dipendenti?
Anche se potrebbe darci fastidio solo pensarlo, in realtà tutti noi siamo dipendenti: formiamo gruppi, facciamo parte di squadre e creiamo famiglie. Non esiste (o non dovrebbe esistere) un essere umano isolato dal mondo perchè non possiamo bastare a noi stessi.
Il bisogno della dipendenza dal genitore è fisiologica e socio-emotiva. I bisogni fisiologici si riferiscono alla necessità di sopravvivenza di base e includono il cibo, la regolazione della temperatura e così via. Le esigenze socio-emotive si riferiscono ai bisogni relazionali e quindi alle coccole, al contatto visivo all’espressione delle emozioni positive e negative. I genitori dovrebbero essere i custodi di questa necessità, del senso di sicurezza emotiva.
L’ATTACCAMENTO COME BASE DELLE NOSTRE RELAZIONI
Gli psicologi J. Bowlby e M. Ainsworth si sono occupati dello studio dell’attaccamento, e quindi del bisogno di relazioni del piccolo e del modo con cui i genitori rispondono a questo. La Ainsworth ha introdotto il concetto di “base sicura” da cui iniziare per esplorare il mondo. Dagli studi della studiosa è stato possibile, oggi, delineare tre stili di attaccamento princpali: sicuro, insicuro resistente/ambivalente e disorganizzato. L’attaccamento sicuro indica quei bambini che hanno vissuto in un ambiente favorevole alle proprie potenzialità, e nel quale il genitore ha risposto in modo empatico ai suoi bisogni. La madre è sensibile e responsiva rispetto alle richieste del bambino consolidando la relazione come “sicura”.
Attaccamento insicuro e disorganizzato
Lo stile di attaccamento insicuro determina quel tipo di relazione tra madre e bambino in cui questo non ha la certezza che il genitore sia sempre presente e disponibile di fronte ai propri bisogni. L’esplorazione del mondo risulta quindi ansiosa e insicura. È anche un bambino non facilmente consolabile nonostante sia presente il bisogno di avvicinarsi. Le mamme in questo caso non sono rifiutati, ma non riescono a contenere le ansie e le preoccupazioni del bambino. Uno stile di attaccamento insicuro è come se ponesse l’individuo entro una linea di confine tra la dipendenza e l’ autonomia, in cui c’è la paura di non ricevere le giuste attenzioni, ma anche la necessità di porre una distanza con l’altro.
Lo stile disorganizzato (introdotto successivamente alla Ainsworth) è caratterizzato, appunto, dalla mancanza di organizzazione del comportamento di attaccamento e il bambino appare lontano dalla madre come se apparentemente non necessitasse della sua presenza. È un attaccamento tipico dei bambini maltrattati e abusati o con madri assenti.
I modelli operativi interni
Queste esperienze definiscono quelli che Bowlby ha chiamato MOI Modelli Operativi Iinterni, e cioè dei pattern comportamentali, degli schemi mentali di tipo relazionale, che condizionano il nostro futuro rapporto con l’ altro e il nostro modo sociale di vivere. Queste teorie hanno quindi contribuito a farci comprendere come le prime cure socio emotive che riceviamo dai nostri genitori sono essenziali in quanto basi relazionali.
Dipendenza affettiva: alcune teorie
Sebbene la dipendenza è una condizione di partenza iniziale e inevitabile per tutti, una dipendenza affettiva in età adulta potrebbe causare una serie di difficoltà non solo nello stare con l’ altro, ma soprattutto per stare con se stessi. L’ autonomia ha a che fare con il modo indipendente di essere e sentirsi libero nella relazione con il partner o con l’ altro in generale; la libertà di entrare e uscire dalla relazione (di separarsi) senza il timore che veniamo abbandonati. C. G. Jung, allievo di S. Freud, ha introdotto il concetto di individuazione per indicare la dinamica della separazione–individuazione e cioè della capacità del bambino (e dopo dell’adulto) di Essere, di esistere, come individuo autonomo e separato dalla madre.
Dipendenza affettiva, senso di autonomia e fragilità
Il senso di autonomia, percepirsi come bastevoli a se stessi è fattore fondamentale del senso di benessere psicologico della persona, la dipendenza invece pone l’ individuo in una condizione nella quale i propri bisogni non sono rispettati. Ma nemmeno l’ estrema indipendenza è salutare per la mente umana, perché potrebbe rappresentare una funzione contro–dipendente, e cioè una persona che si separa dagli altri per la paura di un fallimento della relazione. Il benessere risiede, come sempre, nel giusto equilibrio tra vicinanza e separazione.
Per non sviluppare una dipendenza affettiva è fondamentale che il genitore si sia posto come un “porto sicuro”, rassicurante, sensibile, comprensivo e accogliente. Essere sensibile significa essere empatici e mostrare interesse per le esigenze del bambino.
COS’è LA DIPENDENZA AFFETTIVA?
Ci sono moltissime persone, purtroppo, che soffrono di questa dipendenza con casi e situazioni più o meno estreme. Con il termine dipendenza affettiva facciamo riferimento a un insieme di comportamenti e pensieri legati alla paura di perdere il proprio amore (ma non solo, perché potrebbe essere anche la paura esagerata di perdere un genitore o un amico), comportamenti possessivi e di gelosia che caratterizzano la coppia. Le persone che convivono con questo disturbo sono costantemente in dubbio circa i sentimenti che la loro metà prova nei propri confronti e questo richiede spesso delle dimostrazioni d’amore e un’ incapacità a separarsi dal partner.
Paura di perdere l’altro
La dipendenza, e più precisamente la paura di perdere l’ altro, può essere talmente forte che si finisce per controllare il partner e di vietargli di vedere la famiglia o di uscire solo/a con gli amici. È la sensazione di abbandono che porta a comportarsi in questo modo, ha inevitabili conseguenze negative nel rapporto di coppia.
Dipendenza affettiva: altre caratteristiche
La dipendenza affettiva fa anche riferimento a tutti quei modi di agire che sono problematici e patologizzanti della relazione ma che consentono alla persona dipendente di “mantenere” vicino a sé il partner. Un esempio è utilizzare la malattia per garantirsi la vicinanza dell’ altro, è il caso delle persone che soffrono di ipocondria e di personalità infantile che utilizzano il corpo per poter ricevere cure e attenzioni dalla persona amata e dalla famiglia.
Oppure altro esempio è il caso di quelle persone che nel tentativo disperato di non essere lasciate minacciano di togliersi la vita, e purtroppo sono molti i casi di persone che mettono in atto questi comportamenti sfociando in comportamenti rischiosi come anche quelli che caratterizzano lo stalking. Al contrario l’interdipendenza sana crea spazi vitali e sicuri per noi e per gli altri determinando reti sociali.
Dipendenza affettiva le cause
Come abbiamo visto sopra, il nostro passato e la relazione con i genitori condiziona molto la possibilità di sviluppare una dipendenza affettiva ma non solo, infatti possono essere anche le storie vissute in età adulta a determinare questa condizione: un adulterio, un tradimento. Si sarà in questi casi inclini ad avere dubbi sulla storia attuale anche se bisogna considerare che ogni persona così come ogni storia è diversa l’una dall’altra.
Mancanza di fiducia e bassa autostima
La mancanza di fiducia in sé stessi è una delle fonti della dipendenza affettiva. È anche normale se per esempio dopo un tradimento subito dal nostro compagno iniziamo a chiederci che cosa non abbiamo, in cosa abbiamo sbagliato, se siamo brutti e poco interessanti. Dobbiamo però sempre tenere a mente che non si dovrebbe mai vivere per il proprio partner, è necessario avere una vita ricca e appagante prima di tutto per sé stessi.
Il soggetto dipendente dalla relazione con il partner è “fragile” con una bassa autostima e un’ identità poco definita. Uno dei segnali che potrebbe far pensare di essere dipendente è quando si compiono sacrifici estremi per soddisfare le esigenze del partner mettendo da parte le proprie esigenze.
I SEGNALI DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA
Non sei in grado di trovare soddisfazioni nella tua vita al di fuori della presenza fisica del tuo partner?
Riconosci che ci sono delle caratteristiche del vostro partner che non ti piacciono, che potrebbero essere motivo di rottura, ma continui a portare avanti questa relazione nonostante stai male?
Dai maggiori attenzioni al tuo partner mettendo da parte te stesso?
Se le risposte a queste tre domande sono affermative potreste ipotizzare di soffrire di dipendenza affettiva. Rinunciare alle proprie esigenze e alla propria identità per soddisfare quelle del partner ha insalubri conseguenze conseguenze a breve e lungo termine.
COME MODIFICARE (USCIRE DA) LA RELAZIONE DI DIPENDENZA
La rottura a volte risulta essere necessaria, in altre situazione la definizione di limiti risulta sufficiente: bisogna in entrambi i casi trovare delle soluzioni che rendano la persona felice e “bastevole a se stessa”. Bisogna parlare con il partner delle regole, dei confini e trovare degli accordi nella propria storia. Evitare quindi che le identità di entrambi si mescolino come dei fluidi che poi è difficile separare e riconoscere le differenze di uno rispetto all’ altro.
Esistere senza il partner
È anche importante che ognuno conduca una vita sociale in cui l’ altro è assente. In questi termini passare del tempo con i propri amici e parenti, potrebbe aiutarvi a esistere senza il partner. Da ciò ne consegue che uno degli errori che spesso fanno le giovani coppie è quello di abbandonare i propri amici per mantenere solo quelli in comune. È un rischio da evitare perché porterebbe a un isolamento sociale e relazione che priverebbe la persona di contatti umani fondamentali.
Consigli
Trova il tempo per
- Fare qualcosa da solo, riprendi le tue passioni e i tuoi hobby, fai shopping da solo e compra qualcosa che scegli tu senza preoccuparti se possa piacere agli altri. Fare qualcosa per sé non significa “prestare soccorso” a un altro solo perché ti fa stare bene…. devi essere solo tu!
- Imparare a riconoscere le emozioni positive che ti procurano le cose che fai da solo. A volte capita che il solo pensiero di fare qualcosa, di andare in un posto da soli ci terrorizza e crediamo (erroneamente) che non saremmo in grado di farlo. In realtà mettere in atto questa paura potrebbe farci scoprire che siamo non solo in grado di farlo, ma traiamo anche piacere da ciò che da soli abbiamo fatto. Le emozioni positive, sperimentarci in cose nuove da soli aumenterà anche l’ autostima.
Via i sensi di colpa
- Cacciare via i sensi di colpa. Continuando il discorso del punto precedente potremmo provare un profondo senso di colpa nello scoprire che stiamo bene anche da soli e che siamo capaci di fare le cose senza il partner. Questa sensazione ha il rischio di farci sentire colpevoli, ma state tranquilli che non state tradendo il vostro partner è solo la vostra mente che vi ringrazia e che deve ritrovare il proprio equilibrio dopo anni passati a vivere per l’ altro.
La soluzione migliore rimane sempre un lavoro su se stessi o anche sulla coppia per ri-trovare la propria autonomia e la serenità di stare con sè stessi.
BIBLIOGRAFIA
- Beebe B., Lachmann F.M. “Infant Research e trattamento degli adulti”, Raffello Cortina Editore, 2003
FONTI
-https://www.psychologytoday.com/blog/the-freedom-change/201510/finding-hope-and-security-in-relationships
-http://www.webmd.com/sex-relationships/features/signs-of-a-codependent-relationship
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