Discalculia evolutiva: un viaggio nel cervello matematico

Discalculia evolutiva: un viaggio nel cervello matematico

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Discalculia evolutiva e ragionamento numerico: un viaggio nel cervello matematico

La Discalculia, come la dislessia affligge circa il 5% dei bambini in età scolare. Fino a qualche anno fa le ricerche su questi argomenti erano ancora molto scarse, considerando il fatto che spesso i bambini con basso rendimento a matematica venivano bollati come “non portati” oppure “pigri” da parte di insegnanti e figure genitoriali. In genere, il pensiero matematico affascina tutti gli studiosi della mente, dagli psicologi dello sviluppo, ai neuroscienziati e più in generali in tutti colori impegnati nello studio dello sviluppo cognitivo.

Lo sviluppo della capacità di pensare matematicamente è molto simile all’apprendimento del linguaggio. Per fare progressi, i bambini devono saper manipolare i simboli matematici e saperli combinare in modo logico. La forza della matematica consiste nell’andare oltre la percezione:

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I due segmenti rappresentano la famosa illusione di Müller-Lyer (1890) in cui di primo acchito vediamo due segmenti di misura diversa quando di fatto non lo sono. Grazie a questa illusione, possiamo ben comprendere come si possa usare la matematica per capire le dimensioni fisiche di base.
Per apprendere il significato dei numeri, i bambini devono sapere fare connessioni tra le etichette numeriche e le quantità. Ad esempio, le relazioni che richiedono una moltiplicazione necessitano dell’acquisizione di un sistema con una base (la base 10 nel nostro caso), oppure il fatto che i numeri interi hanno una logica basata sull’addizione ecc. Entrambi i ragionamenti, sia quello moltiplicativo che quello additivo originano da diversi schemi d’azione, cioè ragionare sulla base di oggetti e azioni per risolvere semplici problemi. In pratica, il sistema dei numeri (del calcolo) è inteso, in psicologia dello sviluppo e nelle neuro-scienze in genere, come uno strumento per pensare.

Il disturbo specifico inerente le abilità matematiche

Secondo Rachel Gillibrand e colelghi, la discalculia è “un difetto di comprensione, produzione o calcolo dei numeri”. Quando è attribuita a un danno cerebrale, è conosciuta come discalculia acquisita. Se non ci sono evidenze di un danno cerebrale e c’è discrepanza tra le abilità numeriche e l’intelligenza generale, questa condizione è nota come discalculia evolutiva” (2013).

Discaculia: la diagnosi

La diagnosi di discalculia si applica ad ogni bambino in età scolare (solitamente a partire dalla seconda o terza elementare) normo-dotato che mostra basse performance matematiche in svariati modi: alcuni possono avere particolari difficoltà con i fatti numerici (le operazioni di base), nella comprensione di numeri scritti in cifre (numeri arabi) o espressi in parole (ad es. ventiquattro), hanno bisogno di contare usando le dita di entrambe le mani, hanno difficoltà nello stimare in modo approssimativo la numerosità di un set di oggetti (funzione ANS-approximate number sense), falliscono nell’utilizzo dei concetti di cardinilità ed ordinalità e nell’adolescenza continuano a ricorrere a grafici e tabelle per comprendere ed eseguire semplici calcoli. Ancora, possono esserci disturbi specifici per la produzione o per la comprensione numerica, per la semantica dei numeri, per la parte fonologica e così via.

Il calcolo, come la lettura, è un concetto culturalmente determinato e di graduale apprendimento. Nello sviluppo cognitivo, entrambe le funzioni hanno bisogno del sano funzionamento di altri sistemi cognitivi quali quello visuo-spaziale, la competenza nel linguaggio, la memoria di lavoro, la memoria a lungo termine, l’attenzione focalizzata, la motivazione ed altre competenze intellettive ed esecutive.

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Numerosi studi neuropsicologici condotti su casi clinici di pazienti adulti con lesioni ad uno di questi sistemi, ad esempio in seguito a un ictus o a un tumore cerebrale, presentavano proprio difficoltà specifiche nel sistema del calcolo: ad esempio, mentre la produzione dei numeri utilizzando il sistema verbale era intatta, non lo era per la comprensione utilizzando la stessa via. Lo schema seguente illustra meglio il sistema del calcolo da un punto di vista cognitivo:

Lo schema rappresenta i meccanismi dominio-specifici per i numeri: quelli lessicali regolano la denominazione verbale del numero, i meccanismi sintattici regolano la grammatica interna, cioè il valore della cifra/numero a seconda della posizione in una sequenza e il meccanismo semantico che regola la comprensione delle quantità.

Basi cognitive e neuronali delle competenze numeriche

Nel cervello, vi sono due funzioni che rappresentano, insieme, la cardinalità e l’ordinalità dei numeri e che sono presenti già nella primissima infanzia: subitizing e ANS. Con il primo termine (traduzione: “subitizzare”, dal latino subitus- immediato) si intende la capacità di stimare in modo preciso al volo una ridotta capacità di oggetti (4-6), che tiene conto anche della disposizione (vedi per es. illusioni ottiche) per cui all’aumentare del numero l’accuratezza e la precisione diminuiscono; il secondo riguarda la capacità di stimare la magnitudo (in matematica: la misura) di un gruppo rispetto ad altri (se più grande o piccolo) in modo da percepirne anche le più piccole le differenze.

Le tecniche di neuroimaging degli ultimi 10-15 anni, mostrano con precisione quali sono le aree cerebrali maggiormente attive durante il calcolo: il lobo parietale, l’area prefrontale e il giro del cingolo, ma in particolare l’IPS (solco intraparietale) sembra giorcare un ruolo fondamentale nella rappresentazione e nella manipolazione delle quantità. Alcuni studi scientifici (Simon e coll. 2002) hanno mostrato come l’IPS sia addirittura selettiva per compiti numerici, soprattutto nell’ambito di una rappresentazione amodale e astratta dei numeri, escludendo quindi il coinvolgimento dell’attenzione spaziale, del movimento oculare e delle dita.

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Secondo un altro studio del 2018, vi sono piccole differenze e alcune similarità neuronali tra discalculia e dislessia, sia quando queste si presentano isolatamente sia in comorbidità. Nel caso della discalculia, sembra esserci un’iper-connessione tra le aree parietali e quelle frontali (quest’ultime coinvolte nellaa pianificazione, nel controllo del comportamento, della presa di decisione, dell’espressione della personalità ecc. mentre nei dislessici la connessione sembra essere più debole. Resta comunque un dato di fatto importante: le competenze nella lettura e nell’aritmentica sono collegate, a riprova del fatto che sapere leggere adeguatamente è importante nell’acquisizione delle abilità di calcolo.

Matofobia, ovvero i disturbi d’ansia legati alla matematica

Da un punto di vista clinico, sono state svolte recentemente ricerche a supporto del legame tra capacità matematiche e disturbi d’ansia, che sembrano riguardare almeno il 4% degli studenti in età da liceo.
Uno studio pubblicato nel 2010 (Rubinsten e Tannock) ha mostrato come l’ansia legata alla matematica consiste in una cattiva reazione associata ad emozioni negative, in tutte quelle situazioni in cui è richiesto di eseguire un conteggio, risolvere un problema e così via, percepite come minanti la propria autostima.
L’ansia da matematica può essere di tre tipi:

situazionale/ambientale: origina da cattive esperienze vissute a causa di alcuni insegnanti di matematica (più diffusa tra le ragazze) o dalla matematica stessa come insegnamento.

Personale: include la bassa autostima, scarsa sicuezza in se stessi e l’influenza di brutte esperienze.

Cognitiva: ha a che fare con alcune caratteristiche innate dell’individuo, come una bassa intelligenza o scarse abilità cognitive che riguardano il sistema del calcolo.

Per testare la relazione tra ansia da matematica e l’acquisizione (o il successo) in matematica, che secondo recenti studi si è rivelata di tipo negativo (all’aumentare di una diminuisce l’altra), interessante si è rivelato un esperimento condotto da Rubinsten e Tannock (vedi sopra) in cui è stato utilizzato un priming affettivo.

In psicologia e più in generale nelle neuroscienze, per priming si intende la reazione psicologica ad un certo tipo di stimolo, che in modo inconsapevole influenza la reazione agli stimoli successivi. E’ risaputo che la presentazione di un prime emozionale influenza la velocità di risposta allo stimolo target. In questo esperimento, gli scienziati hanno assegnato ai partecipanti il compito di decidere se lo stimolo target (il problema aritmetico) era corretto oppure no, dopo la presentazione di una serie di parole a contenuto emozionale (sia negativo che positivo oppure con significato matematico). I risultati dell’esperimento confermano una maggiore velocità di risposta allora quando il prime presentato qualche millisecondo prima era a contenuto emozionale negativo, a differenza della risposta in seguito a prime positivo.

Gli studi sull’ansia da matematica ci inducono a pensare che molti studenti con intelligenza nella media, siano condizionati dall’ansia (o dalla paura) durante l’esecuzione di un compito aritmetico. Inoltre, sembra che l’instaurarsi dell’ansia da matematica, se non opportunamente e precocemente trattata, sia causa di assenteismo scolastico durante il liceo se non addirittura di abbandono.

E’ auspicabile, soprattutto nei casi di DE (discalculia evolutiva) un sostegno allo studio della matematica e al miglioramento delle abilità di calcolo, insieme ad un supporto emozionale positivo a partire dalle figure più significative come i genitori e gli insegnanti.

BIBLIOGRAFIA

Ladavas E. Berti A. Neuropsicologia, Il Mulino 2014

Peters. et al. Dyscalculia and dyslexia: different behavioral, yet similar brain activity profiles during arithmetic, in Neuroimage: Clinical (2018)

Rapin I. Dyscalculia and the calcultaing brain, in Pediatric Neurology (2016)

Rubinsten O., Rosemary T. Mathematics anxiety in children with developmental dyscalculia, Behavioral and Brain Function (2010)

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    Miriam Melani
    Psicologa, Tutor dell'apprendimento. Da anni si occupa di attività disturbi dell'apprendimento (DSA e non), neuroscienze generali.

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