Ossessione di far male alle persone: cosa fare per gestirla?

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Ossessione di far male alle persone: cosa fare per gestirla?

Provate a immaginare, anche per un solo momento, di essere obbligati a dover assistere alla proiezione di un film dal contenuto estremamente violento e inquietante e che vorreste assolutamente evitare di vedere. Il film sta per cominciare e le porte della sala cinematografica vengono sbarrate. Il desiderio di fuggire, di allontanarvi ed evitare di assistere a quelle immagini, sarebbe quasi sicuramente un qualcosa di impellente.

E’ questo, per somme linee, ciò che tenta di fare la persona vittima di un disturbo in grado di creare un profondo disagio: il disturbo ossessivo.

Ossessione di far male: cosa sono le ossessioni?

Possiamo definire le ossessioni mentali tutti quei pensieri, immagini o impulsi che invadono la mente della persona in maniera involontaria, persistente e ricorrente. I contenuti di questi pensieri ossessivi, solitamente, sono inappropriati, immorali, tendenzialmente in netto contrasto con i valori e la morale della persona e, per questo motivo, sono in grado di innescare elevati livelli di ansia e preoccupazione e un profondo senso di disagio. Ne sono esempio l’ossessione di essere omosessuali, l’ossessione di aver contratto l’HIV o, ancora, l’ossessione di uccidere qualcuno ecc…

Col presente articolo, verrà preso come esempio, al fine di chiarire meglio gli aspetti peculiari del disturbo, la paura di fare del male agli altri, l’ossessione di far male. Tutto ciò che viene descritto, può essere “trasferito” per ogni tipologia di pensiero ossessivo, indipendentemente dal suo contenuto.

L’ossessione di far male agli altri

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Le persone che cadono vittima dell’ossessione far male, di uccidere i propri cari, temono principalmente, di perdere, in qualsiasi momento, il controllo di sé stessi e di agire in virtù dei pensieri, delle immagini e degli impulsi presenti involontariamente nella loro testa. Nel corso della loro giornata, esse, sono “letteralmente” invase da pensieri  aggressivi nei confronti di un familiare in particolare, di un caro amico d’infanzia, del proprio bambino; questo disturbo, per esempio, è molto diffuso tra le madri, con tutto il corollario di angosce e sensi colpa che un pensiero di questo tipo comporta. Una madre che pensa di uccidere il proprio piccolo, infatti, si scontra fortemente con i propri personali valori, il personale istinto materno e tutto l’immaginario collettivo che vede nella madre l’unica fonte di protezione del neonato, da tutti i “mali del mondo”.

Cosa fa una persona che ha l’ossessione di far male?

1) Una delle “vie preferenziali” adottate da chi soffre di disturbo ossessivo, è cercare di non pensare, tentare di scacciare via dalla mente i pensieri e le immagini disturbanti.

Che effetti produce? Analizzando in maniera più approfondita questa “tentata soluzione”, emerge che il fatto stesso di imporre alla mente di non pensare, provoca come naturale conseguenza, un’amplificazione del pensiero stesso col relativo dispendio di energie mentali impiegate dalla persona lungo tutto il corso della giornata per allontanare le immagini e i pensieri (non a caso, frequentemente, i soggetti con ossessioni lamentano un generale “stato di stanchezza fisica e mentale“)

Il controllo che fa perdere il controllo

2) Un altro tentativo messo in atto, è il costante controllo di sé stessi e delle proprie sensazioni, vale a dire, monitorare frequentemente emozioni e sensazioni alla ricerca di qualche “segnale” che possa disconfermare o meno il sopraggiungere di rabbia, emozioni negative, perdita di controllo ecc…

Che effetti produce? Come si suol dire, “chi cerca trova”, pertanto,la persona, ascoltando continuamente il proprio corpo, in preda all’ansia di trovare uno o più segnali che confermino o meno il fatto di essere un “criminale”, è probabile che si ritrovi a interpretare le normali funzioni fisiologiche -battito cardiaco accelerato, respiro affannato, tremori- che, oltretutto, in quell’istante risultano alterate dallo stato di preoccupazione nella quale è immersa, come banco di prova della sua “deviazione”. Questo circolo vizioso disfunzionale, dunque, contribuisce ad incentivare il problema e a rendere la persona “vittima” dell’ossessione di far male.

L’evitamento

3) Per evitare di correre il rischio di perdere il controllo di sé e uccidere i propri cari, la persona può arrivare perfino a mettere in atto tutta una serie di strategie di evitamento, non soltanto di tutte quelle situazioni connesse al contenuto della propria ossessione (evitare di leggere i fatti di cronaca nera, guardare film violenti), ma anche delle persone oggetto della loro ossessione (nel caso delle mamme vittime di questo disturbo, la “soluzione” trovata è quella di evitare di stare da sole col proprio bambino; evitare il contatto fisico e oculare ecc..)

Che effetti produce? Se ad un’analisi superficiale, la strategia d’evitamento, consente alla persona di sperimentare un certo grado di “sicurezza” e di protezione, in realtà, è proprio questa tentata soluzione che contribuisce ad ingigantire il problema, dal momento che, più una persona evita, più questa conferma a se stessa il fatto di essere diverso dagli altri e, dunque, di avere un problema ingestibile.

Altre conseguenze

4) L’angoscia e gli elevati livelli di ansia sperimentati possono portare il soggetto con l’ossessione di poter fare del male agli altri, a mettere in atto dei rituali comportamentali o mentali e che possono sfociare nel cosiddetto disturbo ossessivo-compulsivo.

5) I pensieri aggressivi e le scene violente che possono invadere la persona con un disturbo ossessivo, possono essere molto ben dettagliate: per esempio, la persona può vedere in maniera nitida, un’intera sequenza nel corso della quale, compie l’efferato delitto con coltelli, armi da fuoco ecc… A partire da ciò, può capitare che queste persone sviluppino una vera e propria fobia nei confronti di questi oggetti (fobia dei coltelli, fobia delle armi da fuoco ecc).

6) Un’altra soluzione messa in atto consiste nel cercare rassicurazioni dagli altri, vale a dire, chiedere frequentemente agli altri componenti della famiglia, rassicurazioni circa il fatto di non aver commesso nulla di grave; o ancora, un’altra strategia è quella di  “tornare indietro con la mente” e ripercorrere gesti e situazioni già vissute per accertarsi di non aver compiuto gesti inconsulti.

Vergogna, disprezzo e panico

La persona con l’ossessione di far del male agli altri, in virtù degli elevati principi morali che la caratterizzano, sperimenta un forte disprezzo nei confronti di se stessa, oltre che vergogna ed intensi stati di angoscia che possono sfociare in attacchi di panico.

Un’altra caratteristica tipica degli ossessivi è quella, definita da Rachman, “fusione pensiero-azione”, un meccanismo mentale che li porta ad effettuare un’equivalenza fra tutto quello pensano e le azioni e a provare, pertanto, indignazione e sensi di colpa; ad esempio: “se penso di uccidere il mio amico, dal momento che le persone “normali” non fanno questo tipo di pensieri, vuol dire che sono un criminale e agirò di conseguenza”.

L’intervento breve strategico per l’ossessione di far male alle persone

Un tipo di intervento efficace per l’ossessione è la Terapia Breve Strategica. All’interno di questo tipo di trattamento, una volta definito il problema e le relative tentate soluzioni messe in atto dal soggetto per cercare di fronteggiare il problema stesso, vengono fornite tecniche paradossali, prescrizioni e stratagemmi finalizzate a fornire un nuova “esperienza emozionale correttiva”, vale a dire, aprire al paziente una nuova “finestra” dalla quale vivere o osservare la realtà. La logica, spesso paradossale, che sta alla base del trattamento strategico e, in particolar modo, gli stratagemmi fondati sulla “prescrizione del sintomo”, orientati a rendere volontario il groviglio di pensieri di cui è vittima la persona, spogliandolo della sua dimensione invasiva, aiutano il paziente a ridurre la sofferenza generata dall’ossessione di far male.

 

Bibliografia

  • Nardone G., Non c’è notte che non veda il giorno, Tea Edizioni, 2005.
  • Rachman, S.J. (1993). Obsessions, responsibility and guilt. Behaviour Research and Therapy, 31, 149-154.
Simona Lauri

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    Simona Lauri
    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

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