Ossessioni: come si manifesta il pensiero che non abbandona la mente

Ossessioni e pensieri ossessivi: come si manifesta il pensiero che non abbandona la mente

ossessioni

Ossessioni e pensieri ossessivi: come si manifesta il pensiero che non abbandona la mente

Le ossessioni, o meglio, il pensare in modo ossessivo consiste nell’incapacità a fermare o a controllare immagini e pensieri ricorrenti e sgradevoli. I pensieri e le immagini ossessive fanno parte di una rete complessa di sentimenti, sensazioni e spesso schemi comportamentali fissi e cristallizzati. Studi di brain imaging hanno dimostrato che i pensieri ossessivi sono associati ad una disfunzione neurologica ad eziologia sconosciuta che incastra i pensieri in circoli ripetitivi. Mentre alcune persone si riscoprono ossessive per la prima volta, altri invece riportano multipli episodi ripetuti nel tempo anche se di volta in volta cambiano i contenuti. In un certo senso, i pensieri ossessivi sono come un criceto che corre su una ruota: quando uno scende, un altro ne prende il posto e la ruota continua a girare all’infinito.

In alcuni casi, il pensare in modo ossessivo può essere adattivo, quando ad esempio è diretto a obiettivi salutari e a reali problemi che possono in qualche modo risolversi. Ma solitamente, per molti individui, il processo collassa. In questo articolo cercheremo di spiegare il lato oscuro di questa modalità di pensiero, che comporta rimuginazioni, preoccupazione eccessiva e appunto, ossessione.

Ossessioni: un pò di clinica del pensiero ossessivo

Cosa succede nel cervello quando pensiamo in modo ossessivo e circolare a episodi accaduti, frasi sentite e immagini sgradevoli?

Secondo lo psicologo clinico   americano Steven Phillipson, le ossessioni sono causate da un blocco dei segnali a livello dell’amigdala, quella struttura cerebrale deputata all’elaborazione delle emozioni, come ad esempio la paura. L’amigdala invia segnali alle aree cerebrali deputate alle funzioni cognitive come la presa di decisione, il giudizio critico e così via. Per un individuo che “soffre” di pensieri intrusivi  il luogo in cui i pensieri vengono creati non corrisponde a quell’area deputata alle decisioni autonome ma alla parte del cervello deputata alla definizione di se stessi. In psicologia clinica, la modalità di pensiero ossessiva rientra in quel disturbo che prende lo nome di disturbo ossessivo compulsivo (OCD). Sempre secondo il dottor Philippson, vi sono nel cervello dei sistemi che preparano il cervello ad affrontare situazioni di emergenza. Quando l’amigdala invia un segnale di pericolo o terrore ( ad esempio, un serpente che striscia ai nostri piedi) alla porzione del cervello deputata al pensiero e alla decisione, questo reagisce scatenando un pensiero del tipo “allontanati subito dal serpente!”, e così ci calmiamo (non subito ovviamente!).

Le aree cerebrali che presentano un’attività insolita nelle persone con DOC sono: la corteccia orbito frontale (localizzata subito sopra gli occhi), deputata alla presa di decisione e all’emozione legata alla ricompensa, il nucleo caudato e il giro del cingolo anteriore. Studi di neuro psicologia hanno dimostrato che lesioni o un deficit nel funzionamento della corteccia orbitrofrontale portano a una ricerca continua e compulsiva del reward, anche quando quest’utimo non è associato a un rinforzo positivo. Questo meccanismo è responsabile anche della ricerca spasmodica di una sostanza, nociva e non, che comporta gratificazione.

Fin qui, il meccanismo risulta fisiologico, ci aiuta nella sopravvivenza e quindi ha un valore adattivo. Ma nel caso dell’ OCD, il meccanismo che sottende il pensiero razionale-emotivo in relazione al pericolo (reale o immaginato) si inceppa e rimane incastrato in un loop senza fine.

Questo succede ad esempio quando prima di uscire di casa controlliamo ripetutamente che il rubinetto del gas sia chiuso. E’ interessante notare che in casi come questi, molte persone riportano anche una mancanza di fiducia nella propria memoria, che causa comportamenti di controllo e rassicurazione continui.

L’OCD nello specifico non è caratterizzato solo da pensieri e immagini intrusivi e ricorrenti, ma anche da schemi di comportamento correlati, volti ad annullare in modo magico il pensiero del momento. Ad esempio, una persona ossessionata dalla paura di contaminazione da germi, si lava ripetutamente le mani. nei casi più gravi, il lavaggio delle mani può portare a escoriazioni e cicatrici sulla pelle. L’individuo affetto da questo disturbo, non riesce né a fermare la paura ossessiva della contaminazione, né il rituale di lavaggio, che per lui/lei ha un potere di scongiuro del pericolo immaginato ma sentito come reale.

Secondo il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, pubblicato dall’APA), l’OCD presenta le seguenti caratteristiche:

  • pensieri o impulsi a carattere ripetitivo, intrusivo e incontrollabile
  • comportamenti o operazioni mentali ripetitivi che la persona si sente spinta a eseguire (compulsioni)
  • la persaona che esperisce le ossessione le trova del tutto irrazionali ma non riesce a fermarle perché teme che qualcosa di brutto possa accadere se non esegue quell’atto
  • le ossessioni e le compulsioni causano un notevole dispendio di tempo ed energie, e un significativo distress

Il Doc tende a insorgere prima dei 10 anni o nella tarda adolescenza-prima età adulta, ed è di poco più diffuso tra le donne che tra gli uomini. Inoltre, pare che il disturbo sia cronicizzante. Uno studio longitudinale su persone seguite per un periodo di quarant’anni, ha mostrato che solo il 20% aveva recuperato completamente.

Secondo alcuni studiosi (Kring et al. 2013), le persone che non riescono a levarsi dalla testa un pensiero ossessivo soffrirebbero della mancanza di quella sensazione che ci fa dire “ora basta, è abbastanza”. Quando mangiamo tanto, ad un certo punto il nostro cervello ci avvisa quando siamo abbastanza sazi da smettere; le persone con DOC, pur essendo consapevoli che il loro pensiero sia esagerato o irrazionale, non riescono a provare quella sensazione di completamento.

Cosa succede?

L’ansia provocata da questa sensazione porta i soggetti a ripetere l’azione per sentirsi sollevati, con l’unica pecca che non basta mai, c’è sempre qualcosa che rimane incompleto. Ne consegue terrore che qualcosa di brutto possa succedere, a se stessi o agli altri.

 

Nel prossimo articolo: consigli per gestire i pensieri ossessivi

 

SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA

https://www.ocdonline.com/phillipson

https://cognitive-behavior-therapy.com/cognitive-behavior-therapy-for-obsessive-thinking-worry-rumination

https://www.calmclinic.com/anxiety/signs/obsessive-thoughts

https://psychcentral.com/blog/7-ways-to-stop-obsessing/

A.M. KRING et al. Psicologia clinica, Zanichelli 2013

 

Simona Lauri

Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirmi sul mio profilo personale di Instagram.

È vietata la copia e la pubblicazione, anche parziale, del materiale su altri siti internet e/o su qualunque altro mezzo se non a fronte di esplicita autorizzazione concessa dalla dott.ssa Simona Lauri e con citazione esplicita della fonte (www.milano-psicologa.it). È consentita la riproduzione solo parziale su forum, pagine o blog solo se accompagnata da link all’originale della fonte. È altresì vietato utilizzare i materiali presenti nel sito per scopi commerciali di qualunque tipo. Legge 633 del 22 Aprile 1941 e successive modifiche.


Richiedi un primo contatto

    Acconsento al trattamento dei miei dati personali ai sensi del Regolamento Europeo GDPR.

    Simona Lauri
    Simona Lauri
    Psicologa e psicoterapeuta breve strategica. Oltre che offrire interventi di psicoterapia breve, mi occupo di coaching alimentare e sportivo.

    Comments are closed.

    Ossessioni e pensieri ossessivi: come si manifesta il pensiero che non abbandona la mente
    Questo sito web utilizza i cookie per migliorare la vostra esperienza. Utilizzando questo sito web, accettate i nostri INFORMATIVA SULLA PRIVACY.
    Leggi tutto