dieta dimagrante
Quante volte, riguardando vecchie foto, ci siamo visti diversi in varie occasioni?
“Guarda com’ero magra il giorno del mio matrimonio! e guarda questa….dopo un anno ero di nuovo 10 kili di più! ah e guarda questa, di nuovo magra…era il periodo in cui mi ero messa in cerca di un nuovo lavoro…..”
Quanto vi è familiare questo scenario? sembra di essere sulle montagne russe!
Questo fenomeno prende il nome di “effetto yo-yo” ovvero il rapido guadagno di peso dopo una dieta, che si manifesta in modo ciclico e ripetitivo.
Alcune persone hanno dichiarato di aver ripreso e interrotto la dieta almeno 10 volte nell’arco di 10 anni….
Gli effetti psicologici di questo schema di comportamento alimentare sono principalmente la depressione e i problemi di autostima.
Quando perdiamo peso ci sentiamo bene: le ragioni di questo aumentato senso di benessere si trovano nei complimenti che riceviamo, nel come veniamo trattati dalle persone (più considerazione, più rispetto, più gentilezza) e dalle percezioni che abbiamo del mondo circostante, come ad esempio l’ottenere una migliore posizione lavorativa. In un certo senso, si potrebbe dire che quando il nostro peso va giù, la nostra vita va su, causando di conseguenza vere e proprie oscillazioni dell’umore.
Come afferma la dottoressa Rachel Carlton Abrams, autrice del libro Saggezza Corporea (BodyWise la versione originale), la miglior cosa che possiamo fare è connetterci con il nostro corpo e apprezzarci per quello che siamo.
Inoltre ricorda che i migliori programmi di perdita di peso sono quelli che propongono una dieta moderata: riduzione delle calorie (e non deprivazione brusca e totale) accompagnata da un po’ di attività fisica leggera ma regolare (ad esempio 2 ore a settimana).
Racconta Daniela “Io non ho mai avuto bisogno di una vera dieta dimagrante, il mio peso si aggirava intorno i 48 e i 51 kg per 1.66 m di altezza.
La prima volta che mi ritrovai a guadagnare molti kili fu durante la mia prima gravidanza, per me fu un colpo vedere come dopo quattro mesi avevo già raggiunto i 56 kg!
Fu in quel periodo che cominciai ad apprezzare una dieta regolare ma moderata: lo scopo non era dimagrire- in gravidanza non si può!- ma quello di finire i nove mesi con meno peso possibile.
Parlando con il mio medico, mi suggerì che dovevo mangiare un po’ di tutto, ma in modo controllato e regolare, aggiungendo lunghe passeggiate e un po’ di ginnastica dolce.
Posso confermare che questo schema di comportamento mi ha aiutato a tenere sotto controllo l’aumento di peso, mi sentivo meglio con me stessa e ho dovuto fare meno sacrifici dopo il parto per rimettermi in forma!”
Il comportamento estremo della perdita di peso rapida innesca un meccanismo a boomerang: quando il peso aumenta di nuovo, è più alto di quello perso…questo è l’effetto yo-yo.
Studi scientifici hanno dimostrato che al contrario di quello che sembra, la dieta “altalenante” rallenta il metabolismo basale e basterebbero 21 giorni di deprivazione di calorie affinché il corpo entri in quello che gli esperti chiamano “modalità starvation”, ovvero “fame da lupi, astinenza da cibo” che inevitabilmente porta ad assumere nuovamente cibo calorico in modo incontrollato.
L’aumento di appetito in seguito a una rapida dieta dimagrante sembra sia dovuto a un aumento di leptina, un ormone prodotto dal tessuto adiposo e deputato alla regolazione della sazietà.
Quando ne abbiamo abbastanza, la leptina invia un messaggio all’ipotalamo (struttura cerebrale deputata, tra le altre funzioni, a quella del mantenimento dell’omeostasi corporea) e avvisa che siamo sazi.
Ad ogni tentativo di perdita di peso, la fase “fame da lupi” ritorna sempre più forte, causando dispendio muscolare e ritenzione di grassi.
Infatti il nostro corpo è dotato di una memoria particolare detta memoria corporea, per cui ad ogni deprivazione il corpo ricorda la sensazione struggente di voglia di cibo e ricorre alle riserve di grasso come fonte di energia.
L’istinto fondamentale del nostro corpo è il mantenimento dell’equilibrio (omeostasi) in base alle richieste ambientali.
Da questo punto di vista, la dieta restrittiva è causa di stress, anche quando è altalenante.
Troppi cambiamenti o modifiche alla routine alimentare causano resistenza corporea, come se arrivasse al cervello un messaggio del tipo “temo che ci sia qualcosa che non va”.
I livelli di cortisolo aumentano, e così anche la leptina.
Quando gli ormoni diventano instabili, anche i livelli di fame diventano imprevedibili.
Un fattore importante che condiziona il nostro modo di mangiare ( e di essere) è il concetto di “assenza”, tipico della cultura occidentale in voga negli ultimi anni, intesa anche come deprivazione.
Siamo plasmati dalla cultura del “senza”: senza olio di palma, senza zuccheri aggiunti, senza glutine e così via.
Se ci depriviamo, ci illudiamo di stare meglio ma non è naturale forzare il proprio corpo a non alimentarsi o ad allenarsi o al contrario, non avere assoluta voglia di muoversi o sentirsi in colpa per aver riposato.
Quello di cui abbiamo veramente bisogno è muovere il nostro corpo nei modi per noi più piacevoli, modi che non siano frutto di ansie o rifiuto di se stessi.
Un altro aspetto culturale riguarda il fattore tempo.
Quando dobbiamo mangiare? Molte persone mangiano perché è arrivata l’ora.
Altri non mangiano anche se hanno fame. Altri ancora mangiano il dessert a fine pasto solo perché gli viene offerto e non riescono a dire di no.
Tutte queste “regole” sono frutto di una cultura occidentale che prescrive cosa, come e quando dobbiamo mangiare per sentirci meglio con noi stessi.
Attraverso l’astinenza ci si sente più disciplinati, più capaci, più perfetti, con l’illusione di un senso di controllo totale su di sé e sul mondo circostante.
Ricerche e osservazioni condotte da esperti dimostrano come questo schema di comportamento alimentare può causare infiammazioni che a lungo termine portano a problemi cardiovascolari.
Oltre al rischio di infarto, ictus e disfunzioni metaboliche, vi sono anche ipertensione, cambiamenti nella composizione degli acidi grassi del tessuto adiposo, accumulo di grassi a livello viscerale e il rischio di resistenza all’insulina (ricordiamo che l’insulina viene rilasciata quando aumenta il tasso glicemico nel sangue, per riportarlo a un livello normale- non a caso i soggetti diabetici tendono a urinare spesso e ad avere molto appetito, a causa di un malfunzionamento nel rilascio dell’insulina).
Tutti questi fattori comportano uno stress nel sistema cardiovascolare a causa della mancanza di un equilibrio nel comportamento alimentare.
Innanzitutto instaurare un dialogo con se stessi, proprio come farebbe un genitore amorevole con il proprio bambino.
Mangiare in modo moderato significa trovare modi alternativi per soddisfare i propri bisogni, con costanza e regolarità.
Quando apprendiamo cosa mangiare dopo aver ascoltato il nostro corpo quando ha veramente fame, abbiamo la possibilità di esperire molti benefici fisici, emozionali, relazionali e spirituali.
Di conseguenza inevitabilmente manterranno salda la motivazione e la determinazione a continuare, facendo sì che invece di cavalcare le montagne russe della dieta dimagrante, ci trasformiamo e cambiamo in modo permanente il nostro stile di vita.
Tra le varie tecniche utili per scendere una volta per tutte dalle montagne russe della dieta yo-yo, gli scienziati hanno trovato notevoli risultati e benefici nella pratica della mindfulness.
Questa pratica affonda le radici nel Buddismo e non solo si è rivelata utile nel mantenimento dello schema di comportamento alimentare moderato ma anche nell’evitamento delle ricadute.
Non solo, i benefici che si possono raggiungere a lungo termine riguardano anche la riduzione dello stress, delle oscillazioni umorali, la riduzione del dolore fisico, l’aumento di energia e perfino la protezione da eventuali scompensi cardiaci.
Gli studiosi dell’Università del Nord Carolina hanno chiamato questa pratica “mangiare consapevole” che consiste nell’assaporare ogni piacere culinario “con uno scopo”…in questo modo è possibile perdere fino a 6 volte il peso desiderato e soprattutto mantenere l’autocontrollo e il peso-forma per un tempo molto lungo anche dopo aver interrotto la pratica (il nostro cervello, grazie alle pratiche contemplative, viene riprogrammato in modo naturale e salutare).
I piani nutrizionali estremi come le brusche deprivazioni di cibo o comportamenti disfunzionali come mangiare-smaltire-mangiare-smaltire, possono portare nel tempo a disturbi come la bulimia, l’anoressia e la depressione.
SITOGRAFIA E BIBLIOGRAFIA
https://www.eatthis.com/effects-of-yo-yo-dieting/
https://www.thediabetescouncil.com/13-tips-help-step-off-dietriot-roller-coaster/
https://www.my-personaltrainer.it/dimagrire/termogenesi-adiposo-specifica.html
Kring et al. Psicologia Clinica, Zanichelli 2013
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