Claustrofobia: come gestire la paura degli spazi chiusi
Si definisce claustrofobia, la paura irrazionale per i luoghi chiusi o stretti. Più nello specifico, ciò che terrorizza il claustrofobico, talvolta, non è tanto lo spazio ristretto in sé per sé, quanto, la sensazione di soffocamento che sperimenta all’idea di ritrovarsi in luoghi o ambienti dove non viene percepita la possibilità di fuggire.
Claustrofobia: cosa è
La sola idea, infatti, di trovarsi entro uno spazio limitato senza vie di fuga, porta la persona a provare sintomi quali: tachicardia, sudorazione eccessiva, sensazione di soffocamento e oppressione, crisi di panico ecc.. La terribile sensazione di soffocamento che l’agorafobico avverte nei luoghi ristretti, spesso, si verifica anche all’interno, sia di situazioni sociali, quali lunghe file (al supermercato, in banca, alle poste), sia in ambienti eccessivamente affollati (concerti, metropolitane, ecc.).
Cosa fa chi soffre di claustrofobia?
Prendere l’ascensore, attraversare gallerie o tunnel, e (nei casi più gravi), guidare, perfino l’auto, sono alcune delle situazioni che l’agorafobico può arrivare ad evitare sistematicamente.
Chi non può fare a meno di evitare, invece, si avvale di altre strategie, tra le quali troviamo:
- la richiesta di farsi accompagnare da persone di fiducia (parenti e amici);
- organizzare rigidamente la propria vita all’interno di precise “abitudini”, finalizzate a “proteggersi” dal pericolo dell’ansia (per esempio: scegliere di fare la spesa, o recarsi alle poste, esclusivamente nelle ore meno affollate; optare per viaggi più lunghi, pur di non attraversare le gallerie ecc…).
- la continua tendenza a parlare del proprio problema e a cercare rassicurazione e conforto dagli altri, rispetto a questa paura, che vive come insormontabile.
Cosa fare per cercare di gestire la claustrofobia?
- Evita di parlare del problema. Solitamente chi soffre gli spazi chiusi, tende a parlare molto, alle persone che la circondano, della forte ansia che la opprime e del senso di incapacità e sconfitta che prova nel non riuscire ad affrontarla. Un ottimo punto di partenza potrebbe essere quello di iniziare a pensare che, più si parla del proprio problema, più questo diventa reale. Se almeno, in un primo momento, parlando del proprio problema, la persona prova la sensazione di “essersi sfogata”, subito dopo avverte una sensazione di frustrazione e malessere molto accentuati. Provate a immaginare che, ogniqualvolta parlate del vostro problema, è come se metteste del fertilizzante su una “pianta”, che non potrà far altro che crescere sempre più forte e rigogliosa.
- Esci fuori dalle rigide abitudini. Per cominciare a ridimensionare la sensazione di frustrazione ed il senso di incapacità di cui ho appena parlato, potrebbe essere utile, invece, cominciare a uscire fuori dagli schemi e dalle routine che ci si è creati in funzione dell’evitamento delle situazioni temute. Dunque, procurati carta e penna, e prova a buttare una lista di tutte le situazioni che sistematicamente eviti o che esegui in maniera tale da sentirti “protetto. In seguito, prova a ordinarle, partendo da quelle che ti suscitano meno ansia a quelle che, invece, ti provocano un forte stato ansioso. Adesso, partendo dalla situazione “meno ansiogena”, prova a modificare qualche tua azione o modo di fare e sperimentane le conseguenze (per esempio: potreste cambiare l’orario in cui andare a fare la spesa, o fare il turno alle poste ecc…).
La terapia per la claustrofobia
- Rivolgersi ad un esperto. Quando la claustrofobia, finisce con l’intrappolare letteralmente la persona all’interno di uno stile di vita fortemente limitato, potrebbe essere utile rivolgersi ad uno psicologo anche specializzato in mental training, per apprendere, per esempio, tecniche di rilassamento e controllo degli stimoli ansiogeni.
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