Falsi miti che ci fanno dire si e comunicazione assertiva
Nei precedenti articoli ho cercato di spiegare cosa è un comportamento assertivo e come imparare a dire di no privi di sensi di colpa, obiettivo, invece, del presente contributo consiste nel tentare di spiegare alcuni falsi miti che spingono le persone a non adottare un comportamento assertivo, ad essere sempre accondiscendenti, al punto tale da sentirsi frustrate, incomprese, arrabbiate con sé stesse e col mondo.
Occorre precisare che ogni sistema socio-culturale è dotato non solo di un sistema di norme, formalmente riconosciuto, ma anche di un complesso di credenze, atteggiamenti, trasmessi, spesso, all’interno del sistema famigliare. Si tratta di modi di vedere le cose e il mondo, che esercitano sull’uomo un’influenza notevole e che contribuiscono a creare le personali modalità di reagire al mondo e agli eventi. Da uno studio condotto da Ellis Lange e Jakubowki, è possibile individuare tutta una serie di “falsi miti”, pensieri e credenze irrazionali, che indirizzano la persona ad assumere un comportamento passivo o aggressivo, a discapito di una sensazione di benessere.
I falsi miti di Ellis
1) MITO DELLA MODESTIA
Una grossa fetta di persone parte dal presupposto che parlare e mostrare agli altri i propri pregi e caratteristiche personali positive, rappresenti un “peccato” di presunzione. La modestia, pertanto, viene vissuta come un valore base fondamentale. La difficoltà principale di queste persone consiste nell’accettare con forte difficoltà, imbarazzo e talvolta, disagio, apprezzamenti e complimenti da parte degli altri. Accanto a questa tendenza, il mito della modestia, porta la persona a concentrare la propria attenzione sugli aspetti negativi di sé, minizzando, ignorando o addirittura non vedendo, tutti quegli aspetti di che testimoniano i suoi punti di forza.
Inoltre, secondo quanto formulato da Merton, rispetto alla profezia che si autoavvera, queste persone, ricercando nel mondo e nelle relazioni con gli altri, solo gli aspetti negativi, finiscono non solo con esasperare i normali fallimenti ai quali si va incontro nel corso della vita quotidiana, ma anche, all’interno di un circolo vizioso, ad “innescare” essi stessi eventi negativi, che rappresentano, una conferma ulteriore della loro personale idea di individuo “incapace” .
Secondo Ellis, un mito come quello della modestia può portare, a lungo andare, a sperimentare vissuti di depressione, ansia, insicurezza e frustrazione. Si evince, pertanto, l’importanza di imparare a vivere la possibilità di riconoscere i propri pregi, come un diritto e l’importanza di accogliere i feedback positivi e gli apprezzamenti provenienti dal mondo esterno così come valorizzare in modo realistico, quando ci si presenta agli altri, i propri punti di forza. Un atteggiamento di questo tipo, porta con sé a sua volta, dei vantaggi nelle relazioni con gli altri, dal momento che accettando serenamente un’idea positiva di sé stessi, la persona è portata ad accettare, di riflesso, i pregi degli altri, senza vivere questi ultimi con un senso di frustrazione o invidia.
2) MITO DELL’ANSIA

L’idea sottesa a questo falso mito parte dal presupposto che mostrare ansia, insicurezza e incertezza agli altri rimandi un’immagine negativa di sé, soprattutto in un società come quella di oggi dove, il mostrarsi “prestante” e perennemente adattato all’interno di ogni situazione viene vista come l’arma vincente. Come afferma un importante aforisma di Wilde, “è con le intenzioni migliori che si ottengono gli effetti peggiori”, infatti, la persona ansiosa nel timore di mostrare la sua ansia al mondo, cercando di controllare il suo stato d’animo, finisce, paradossalmente, col perdere il controllo e di conseguenza si mostrerà realmente molto reattiva e nervosa e tutto ciò non può far altro che aumentare ulteriormente il livello di ansia sperimentato.
3) MITO DELL’OBBLIGO

Non solo, secondo Ellis, infatti, un’altra caratteristica frequente in chi è “vittima” di questo falso mito è la tendenza ad attribuire la causa della propria frustrazione al mondo esterno. Più precisamente, il soggetto finisce con l’essere totalmente sfiduciato e disilluso nei confronti degli altri, affermando che sono gli altri a non comprenderlo, a non capirlo, che si approfittano di lui. Si creano, inoltre, l’aspettativa per cui incontreranno un giorno la persona in grado di capirle alla perfezione, in grado di anticipare i loro pensieri. Ma tale tipo di credenza e aspettativa, come è facile prevedere, non viene rispettata pertanto la persone finisce con lo sperimentare elevati livello di sfiducia nei confronti del mondo al punto tale da condurla all’isolamento vero e proprio.
4) MITO DEL VERO AMICO

Voi quanto pensate di essere “vittima” di questi falsi miti? In base alle vostre personali esperienze pensate ce ne siano di altri?
Dott.ssa Simona Lauri, Psicologa Milano
Bibliografia
- Anchisi, R., & Dessy, M.G., (1995). Non solo comunicare. Teoria e pratica del comportamento assertivo. Torino: Edizioni Libreria Cortina
- Irrational beliefs and nonassertive behavior, Lynn Alden and Jeremy Safran
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