Intervista anonima: soffrire di anoressia, cosa vuol dire?
L’intervista che pubblico qui di seguito, mi è stata concessa da una ragazza che gestisce un blog che ha attirato la mia attenzione per la tipologia di contenuti affrontati: i disturbi del comportamento alimentare.
Trappola per topi
Il nome del blog, “Trappola per topi” è a mio parere emblematico, dal momento che riesce a trasmettere la sensazione tipica di chi è ingabbiata in questo disturbo, vale a dire, riportare le esperienze, i vissuti, e i pareri di una giovane che vive in prima persona la “trappola” del disturbo alimentare. Lungi dal rappresentare un tentativo di auto-curarsi o dall’osannare il digiuno e il comportamento delle anoressiche tipico dei siti Pro-Ana, “trappola per topi” , anche se talvolta, con un linguaggio forte e colorito, rappresenta il punto di vista di una ragazza che, senza voler trasmettere verità assolute, desidera far conoscere e abbattere i pregiudizi che ruotano attorno ai disturbi alimentari.
L’intervista
1) In che modo e per quale motivo ha deciso di aprire questo blog?
Se ho aperto trappolapertopi2 è perchè ero (sono) stanca degli stereotipi sulle persone che soffrono di disturbi alimentari. Stereotipi che vanno da l’anoressica che cerca di dimagrire a l’anoressica che è una pazza. Mi sono resa conto che se questi stereotipi esistono è perchè nessuno che soffre di disturbi alimentari dica veramente cosa significhi soffrirne – tutti quelli che parlano di disturbi alimentari sono guariti, o sono medici. Da qui l’idea del blog.
2) Il suo blog è diametralmente opposto ai cosiddetti siti pro-ana, cosa ne pensa di portali di quel tipo?
Credo che il pro-ana sia un’idiozia, una stupidata, e credo anche che non sia un problema così serio come viene dipinto dai media. La maggior parte di chi passa del tempo sui siti pro-ana non soffre di disturbi alimentari e non inizierà a soffrirne perchè frequenta un sito pro-ana. Quindi in generale trovo i siti pro-ana spiacevoli ma abbastanza innocui.
Anoressia e credenze sociali
3) Le capita mai di ricevere mail, contatti da altre ragazze che soffrono di disturbi alimentari? Come si comporta in questi casi?
Ricevo contatti attraverso i commenti, raramente in altro modo. Io non consiglio nulla, non sono nella posizione di dare consigli – semplicemente ascolto e poi condivido la mia esperienza. E comunque, per una persona come me, o come molte delle lettrici, sapere che c’è qualcuno che la pensa come te e vive le stesse cose è già straordinario.
4) Nel suo blog, più di una volta, dichiara che la società possiede un’idea “distorta” dei disturbi del comportamento alimentare, quali sono le cose che non condivide?
Come ho già detto, ci sono molti stereotipi sui disturbi alimentari. Innanzitutto, che siano una forma di dieta, o semplicemente un modo per dimagrire, e che chi soffre di anoressia sia ossessionato dalla propria bellezza. Ammetto che il punto focale del disturbo sia in molti casi perdere peso, ma non ha niente a che vedere con la bellezza, e tantomeno con la moda. Ce ne sono poi altri. L’idea che l’anoressia sia in qualche modo glamour. L’idea che chi soffre di disturbi alimentari si stia solo lamentando per niente, che se l’è cercata. E via dicendo.
A chi chiedere aiuto?
5) Conosce delle realtà, delle associazioni che ritiene possano essere utili per le ragazze col suo stesso problema?
No, o meglio, non sono la persona adatta a dare consigli di questo genere.
6) Cosa secondo lei, può essere fatto, per aiutare le ragazze nella sua stessa condizione?
In termini di terapia, non saprei. Ci sono tipi di terapie che condivido di più ed altre con cui mi trovo meno d’accordo, ma si tratta di un’opinione puramente personale e relativa alla mia malattia. Credo però che se si riuscisse a trasmettere un’idea più realistica dei disturbi alimentari, perlomeno, chi ne soffre non si troverebbe costretto a combattere contro non solo l’ignoranza ma anche i pregiudizi di chi lo circonda. Tante volte questi stereotipi impediscono a chi vuole aiutare di avvicinarsi davvero alla persona che soffre di anoressia, rendendo la persona che soffre ancora più sola.
Ringrazio la ragazza per la sua collaborazione
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