Alzi la mano chi di noi non è alla ricerca della felicità. Solitamente la gente, non soltanto la ricerca ma fa di tutto per “tenersela stretta” o mette in atto tutta una serie di strategie finalizzate a salvaguardarla. Ciò che accade nella maggior parte dei casi, è che questi comportamenti, anziché assicurare una sensazione di benessere e di felicità, in maniera diametralmente opposta, allontanano le persone dalla felicità stessa , col risultato che ci si sente male e incapaci (“non sono in grado di essere felice”; “la sfortuna mi perseguita” ecc…).
Cosa si intende di preciso per felicità?
La felicità è lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri.
L’etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, “felice”, la cui radice “fe-” significa abbondanza, ricchezza, prosperità. La società nella quale viviamo oggi, però, ci porta sempre di più a vedere questa condizione, in affermazioni quali: “devo avere di più”, “devo fare di più e meglio”, “devo avere più denaro”, “devo avere un partner perfetto, un corpo migliore, l’auto più bella.” E’ facile accorgersi di come il binomio felicità-possesso (di beni materiali o di “status” che ci fanno sentire riconosciuti dalla società) sia alla base di un perverso meccanismo che conduce all’infelicità, dal momento che se riusciamo ad ottenere uno di questi aspetti appena descritti, in genere- siamo portati a sperimentare una momentanea sensazione di benessere per poi ripiombare nella “tristezza ed incontentabilità” tipica di chi vuole sempre e di più.
La felicità secondo Harris
In quest’ottica, spinti a guardare ciò che ci manca anziché quello che possediamo, la felicità rischia di diventare un’illusione; ma ci sono altre trappole che lo psicoterapeuta australiano, Harris Russ è riuscito ad individuare, proviamo a passarle in rassegna.
Due accezioni di felicità
Prima di tutto è importante precisare che esistono due accezioni di felicità.
- La prima fa riferimento ad un generico senso di benessere ma che in realtà è qualcosa di fugace.
- La seconda intende far riferimento ad una vita pienamente vissuta che include il comportarsi secondo ciò che si ritiene importante, a livello di valori e di attitudini. In questo caso, pertanto, non si tratta parlare di felicità in termini di sensazione, quanto piuttosto, ad un senso profondo di una vita ben vissuta.
Muovendoci all’interno di questa seconda definizione, Harris suggerisce di iniziare ad includere all’interno di essa, anche le emozioni negative quali il dolore, la sofferenza ecc… La vita comprende anche il dolore e non c’è alcun modo di evitarlo. Ogni nostro tentativo di rifuggire e di negare il dolore, riconcorrendo esclusivamente le sensazioni piacevoli, rischia di farci vivere una vita da infelici. Esistono, pertanto, alcune trappole che contribuiscono a farci sentire infelici. Vediamo quali sono.
Le credenze che rendono infelici
Trappola 1: Tutti sono felici tranne io!
Già a partire dalle favole -con il classico lieto fine del “e vissero felici e contenti”- a partire dalla più tenera età, la cultura tende a far passare il messaggio che tutte le vicende terminano positivamente e che il male deve necessariamente cessare di esistere. La tv e i mass media, inoltre, ci presentano costantemente un mondo fatto di sorrisi, di gente felice e soddisfatta e questo contribuisce a creare una credenza pericolosa che può essere espressa nella seguente affermazione: “Tutto il mondo è felice, tranne me.”
Ma è proprio così?
Eppure basta guardarsi intorno per capire come questa sia solo una falsa credenza: ciascuno di noi nella propria vita alterna momenti di serenità a momenti difficili…nessuno di noi è immune alla sofferenza. Il pericolo insito all’interno di questa trappola risiede nel fatto che, secondo il meccanismo di profezia che si auto-avvera, la convinzione di essere l’unico al mondo infelice, genera realmente un maggior senso di infelicità.
Trappola 2: l’infelicità è segno di anormalità
Una conseguenza della precedente trappola è la convinzione che ci porta a credere che, nel momento in cui sperimentiamo sentimenti di infelicità, sofferenza ecc…c’è qualcosa in noi che non va. Ampliando lo scenario, la sofferenza mentale è considerata anormale, risultato di una mente difettosa. Ciò che ne consegue è l’amplificarsi di un profondo senso di sofferenza poichè, l’inquietudine, le emozioni negative ecc… vissute come segno di debolezza, vengono occultate e nascoste. Questo atteggiamento contribuisce a creare la terza trappola.
Trappola 3: nascondiamo i sentimenti negativi
Il messaggio che ci invia la società è quello di riempire la propria vita esclusivamente di emozioni positive. Se da un certo punto di vista questo può sembrare del tutto lecito, ad un’analisi più approfondita emerge in cosa consiste la trappola insita in questa credenza: ciò che nella nostra vita è importante, richiama necessariamente emozioni positive e negative. Pensate ad esempio all’amore, in grado di regalare gioie ma anche delusioni; o ancora ottenere il lavoro che si desidera, richiede anche il dover fare i conti con paure, ansie e stress. Ciò significa che se vogliamo realizzare il nostro progetto di vita ed essere “felici”, dobbiamo essere pronti ad accettare e superare anche le emozioni negative, pena, un costante stato di delusione che può portarci a rinunciare ai nostri sogni e a quello in cui crediamo veramente.
Trappola 4: controllare a più non posso!
Una credenza in grado di innescare un circolo vizioso di ulteriore sofferenza e negatività è la convinzione di essere in grado di controllare pensieri e immagini negative. La soluzione proposta da molte teorie e programmi di mutuo-aiuto consiste nel sostituire i pensieri negativi con parole, frasi e immagini connotate da positività. Se in alcune situazioni, queste tecniche possono essere utili, in altre forniscono un supporto soltanto momentaneo.
Ciò si verifica perché- più cerchiamo di scacciare o controllare un pensiero negativo, sostituendolo con uno positivo- più le emozioni negative torneranno nella nostra mente con tutta la loro forza.
La psicoterapia per trovare un nuovo equilibrio
Esistono numerosi approcci psicoterapeutici che avvalendosi di particolari strategie, sono in grado di fornire nuovi punti di vista e modalità utili a gestire nel migliore dei modi ansia, stress ed emozioni negative; tra questi approcci troviamo:
- La Terapia Strategica Breve che attraverso l’uso di peculiari tecniche di comunicazione, di logiche “non ordinarie” e l’uso di prescrizioni da eseguire tra una seduta e l’altra, è in grado di rompere le rigide credenze alla base di molte condizioni di sofferenza psicologica.
- L’ACT (Acceptance and Commitment Therapy),un approccio della terapia cognitivo-comportamentale, che avvalendosi di numerosi principi e tecniche (una di queste la mindfulness), contribuisce a creare quella che viene definita flessibilità psicologica, ovvero la capacità di affrontare in maniera equilibrata, sentimenti e pensieri dolorosi.
Bibliografia
- R. Harris, La trappola della felicità. Come smettere di tormentarsi e tornare a vivere. Erickson, 2010
- Rapporti di coppia e relazioni simmetriche e complementari: di cosa si tratta? - 3 Ottobre 2024
- Essere felici: cosa vuol dire? Riflessioni psicologiche - 26 Settembre 2024
- Dissing tra rapper e il caso Fedez-Tony Effe: analisi psico-sociale e culturale - 21 Settembre 2024
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